Viva il cinema!
All’alba del XX secolo, il cinema, più che una macchina o un mezzo di comunicazione, è anche e soprattutto un modo per appropriarsi del mondo, dei corpi e delle rappresentazioni. Nuovo sguardo eminentemente sociale e popolare, esso è il prodotto di una cultura urbana affascinata dal movimento degli esseri e delle cose e desiderosa di trasformare la ''modernità'' in uno spettacolo.
Nessuna rottura brusca o rivoluzione violenta tuttavia, le menti e i corpi erano stati ampiamente preparati. Le prime proiezioni di ''fotografie animate'' dei fratelli Lumière a Parigi nel 1895 sono infatti solo gli ultimi di una lunga serie di dispositivi visivi e di attrazioni (dal diorama ai musei delle cere, passando per l’obitorio, gli acquari e le fiere) che trovano il loro apogeo nel 1900 con l’Esposizione Universale di Parigi. Nati da una tradizione della circolazione delle immagini, questi primi film, ancora imperfetti, sono anche gli eredi di molteplici pratiche, artistiche o scientifiche, colte o volgari. Numerose sono le proposte o gli interrogativi già formulati dagli artisti dell’Ottocento - in primis, il mito del ''realismo integrale'' - che il cinema prolunga, ricicla, indaga e, di lì a poco, supererà. L'evidenza della mobilità del mondo e dello scorrere del tempo viene sondata e analizzata attraverso il prisma di certi topoi culturali quali l’agitazione della città o la risacca perpetua delle onde. A tal proposito, Jean-Luc Godard dirà a giusto titolo che il cinema è figlio dell’Ottocento.
Senza voler presentare una cronologia delle diverse invenzioni, la mostra Viva il cinema! è volutamente sincronica e tematica. Essa fa dialogare la produzione cinematografica francese degli anni 1895-1907 con la storia delle arti, dall’invenzione della fotografia fino ai primi anni del Novecento, seguendo il filo di alcuni grandi temi come il fascino per lo spettacolo cittadino, la volontà di registrare i ritmi della natura, il desiderio di prova ed esibizione dei corpi, il sogno di una realtà ''aumentata'' mediante la restituzione del colore, del suono e della tridimensionalità o ancora l’immersione, e infine l’amore per la storia. La mostra si ferma al 1906-1907, allorché la durata dei film si allunga, le proiezioni si sedentarizzano nelle sale e i discorsi si istituzionalizzano. Il cinematografo diventa il cinema, al tempo stesso luogo e divertimento di massa.
Sono stati riuniti circa 400 pezzi: opere di varia natura, oggetti e film, sia anonimi che firmati da nomi ben noti al pubblico come Pierre Bonnard, Auguste Rodin, Gustave Caillebotte, Loïe Fuller, Léon Gaumont, Jean Léon Gérôme, Alice Guy, Auguste e Louis Lumière, Jules Etienne Marey, Georges Méliès, Claude Monet, Berthe Morisot, Charles Pathé e Henri Rivière.
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