Storia dei Depositi

Edouard Dantan
Un coin d'atelier, en 1880
Musée des Avelines, Saint-Cloud
Don Victor Regnault, 1875
© RMN-Grand Palais (Musée d’Orsay) / Hervé Lewandowski
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Le opere in deposito

Il Museo d’Orsay possiede delle ricche collezioni, conservate all’interno delle proprie sale e magazzini, ma anche in altre istituzioni pubbliche, soprattutto musei. Più di 5.000 opere sono dunque depositate altrove, con l’obiettivo di esporle al pubblico e di includerle in un progetto scientifico. Il depositario dispone dell’opera depositata e ne è pertanto responsabile ma non proprietario. I depositi possono avere una durata variabile, di solito fissata a cinque anni rinnovabile. Il Museo d’Orsay affianca regolarmente altri musei nei loro progetti di rinnovamento o di ridistribuzione delle collezioni intavolando un dialogo sull’attualizzazione dei depositi.

Meissonier, Ernest
Ernest Meissonier
Portrait de l'artiste dans son atelier, vers 1875
Collection Musée d'Orsay - Musée des Beaux-Arts, Dijon
Achat, 1986
© Musée d’Orsay, dist. GrandPalaisRmn / DR
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Le opere del Museo d’Orsay in deposito sono regolarmente oggetto di una verifica d’inventario allo scopo di controllarne la presenza, le condizioni e l’accessibilità al pubblico. Se un’opera non è esposta al pubblico o è in pericolo, poiché versa in cattive condizioni di sicurezza o di conservazione (soprattutto all’esterno), viene avviato un dialogo con i depositari per trovare una soluzione soddisfacente. Se necessario, l’opera ritorna al Museo d’Orsay. La verifica permette inoltre di ritrovare regolarmente opere che si credevano perdute.

Barillot, Léon
Léon Barillot
Bergères lorraines, 1892
Musée d'Orsay
Achat au Salon, 1892
© Musée d’Orsay, dist. RMN-Grand Palais / DR
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Questi depositi evolvono di continuo, in un’eterna alternanza tra il Museo d’Orsay e i depositari. Diverse opere del Museo d’Orsay sono dunque esposte al pubblico su tutto il territorio francese, in quasi 440 luoghi di deposito. D’altra parte, il Museo d’Orsay ha in custodia i depositi di altri musei nazionali, come il Louvre (ill. 4) o il Museo nazionale di arte moderna.

La Source, Jean Auguste Dominique Ingres
Jean Auguste Dominique Ingres, Paul Balze, Alexandre Desgoffe
La Source, en 1856
Musée d'Orsay
Legs de la comtesse Duchâtel, 1878
© RMN-Grand Palais (Musée d’Orsay) / Hervé Lewandowski
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Sfide importanti per le politiche patrimoniali, i depositi delle collezioni nazionali costituiscono uno degli assi di sviluppo culturale dei territori. Da oltre 200 anni, lo Stato si preoccupa di diffondere il suo patrimonio regolamentandone l’accesso mediante una legislazione esigente ma protettiva al fine di assicurare la trasmissione delle opere alle generazioni future.

Cronologia dei depositi delle collezioni nazionali e della loro legislazione

Essendo il Museo d’Orsay erede, almeno in parte, delle collezioni del Museo del Louvre , bisogna risalire alla fine del Settecento per comprendere le origini della pratica dei depositi di collezioni nazionali.
Le prime collezioni del Museo del Louvre, inaugurato nel 1793, sono costituite dalle opere d'arte nazionalizzate dei beni ecclesiastici, dalle opere d’arte del Castello di Versailles e dalle cosiddette confische «rivoluzionarie» provenienti dai nobili emigrati. Ben presto, sebbene in modo saltuario, si cominciano a depositare opere in alcune città: così, il Direttorio invia alla città di Tolosa un quadro di François-André Vincent, Episode de la vie de Guillaume Tell [Episodio della vita di Guglielmo Tell], come ricompensa per il suo attaccamento alla costituzione repubblicana durante l’insurrezione monarchica avvenuta nell’anno VII nel tolosano.

Maillol, Aristide
Aristide Maillol
Ile-de-France, vers 1925
Collection Musée d'Orsay - Musée d'Art et d'Industrie André Diligent - La Piscine, Roubaix
Achat, 1933
© RMN-Grand Palais (Musée d’Orsay) / Adrien Didierjean
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Bisogna attendere circa dieci anni affinché un primo testo accenni alla diffusione delle opere d’arte sul territorio francese e all’organizzazione dei musei. In effetti, i beni artistici provenienti dalla nazionalizzazione dei beni della Chiesa, dalla confisca dei beni degli emigrati e dai pignoramenti effettuati dagli eserciti rivoluzionari, avevano raggiunto un volume tale che non era più pensabile poterli conservare integralmente a Parigi.

Il decreto del 14 fruttidoro anno IX (settembre 1801) detto anche «decreto Chaptal» segna la nascita dei musei «provinciali» francesi. Jean-Antoine Chaptal (1756-1832), ministro dell’Interno di Bonaparte dal 1801 al 1804, sottopone alla firma dei Consoli un decreto recante decisione di distribuire alcuni quadri alle città di provincia. Vengono approvati quindici comuni: Lione, Bordeaux, Strasburgo, Bruxelles, Marsiglia, Rouen, Nantes, Digione, Tolosa, Ginevra, Caen, Lilla, Magonza, Rennes e Nancy. 846 quadri vengono dunque depositati dallo Stato nei primi musei di belle arti. Centosessanta opere depositate, ovvero il 15%, sono bottino di guerra, a riprova della volontà di dimostrare attraverso questi invii nelle regioni la forza del potere rivoluzionario che ha trionfato sui paesi ostili alla Francia.

Questa decisione altamente politica getta sulla cartina francese i primi elementi di quello che diventerà in seguito, per virtù di emulazione, un vero e proprio circuito esteso su tutto il territorio nazionale. Lo Stato rivoluzionario e il Consolato rispondono alla richiesta di ridistribuzione delle collezioni concentrate a Parigi in nome del principio politico dell’uguaglianza. Chaptal indica che se «Parigi deve riservarsi i capolavori di ogni genere», tuttavia «un sentimento di giustizia» implica che «l’abitante dei dipartimenti abbia anch’egli il sacrosanto diritto di condividere i frutti delle nostre conquiste e di ereditare le opere di artisti francesi».

Una seconda ondata di depositi viene avviata da un regolamento emesso nel 1816 sotto Luigi XVIII, stavolta però su impulso di alcuni rappresentanti locali, senza che sia definita una linea direttiva ben precisa: i curatori del Louvre avranno in genere il riflesso di inviare opere minori. Per qualificare questi invii si parla allora di «Concessione del Restauro» che si riassume a un centinaio di opere.

Napoléon III, empereur des Français, Franz-Xaver Winterhalter (d'après)
Franz-Xaver Winterhalter (d'après)
Napoléon III, empereur des Français, 1862
Versailles, Musée national des Châteaux de Versailles et de Trianon
© Château de Versailles, Dist. RMN-Grand Palais / Christophe Fouin

Sotto il Secondo Impero, il decreto dell’11 luglio 1862, detto decreto di Vichy, stabilisce che dopo il ricongiungimento della collezione del marchese Giampietro Campana per formare il Museo Napoleone III, alcuni di questi beni «resteranno a disposizione del Ministro di Stato per essere concessi o ad enti statali o ai musei dipartimentali».

Nel 1872 la rinascente Repubblica è all’origine di nuovi consistenti depositi. Questa dispersione del 1872 fu completata da una nuova serie di depositi in applicazione del decreto del 1874. L’insieme di queste decisioni del potere esecutivo sono solo un elemento della politica di Stato volta all'arricchimento dei musei territoriali durante l’Ottocento. Ad esse si aggiungono le acquisizioni nei Salon, le commesse pubbliche e le opere che lo Stato acquista direttamente dagli artisti, tutte ampiamente distribuite a titolo di deposito.

Il decreto del 24 luglio 1910 - prima vera legislazione regolante i depositi delle collezioni nazionali - discende dalla volontà dello Stato di esercitare, attraverso delle ispezioni nei musei delle collettività, i controlli che mancavano. Il decreto si intitola «Depositi di opere d’arte appartenenti allo Stato nei musei provinciali». Il testo regola le condizioni di deposito e di conservazione nonché il trasferimento provvisorio e il ritiro definitivo delle opere in deposito. Un decreto del 1928 completa quello del 1910 soprattutto per quanto riguarda la durata del deposito, fissata a 3 anni.

Seguono il decreto del 1981 e la «legge musei» del 2002 relativi ai prestiti e ai depositi dei musei nazionali che definiscono dettagliatamente le condizioni di deposito (deposito di 5 anni rinnovabile), i luoghi di deposito autorizzati, gli obblighi del depositario (assicurazione, responsabilità in caso di furto o deterioramento, l’obbligo dell'esposizione al pubblico, l’organizzazione della verifica d’inventario da parte del depositante). Il contenuto di queste ultime leggi è inserito dal 2011 nella parte normativa del Codice del patrimonio francese.

Dal 1981, i depositi delle collezioni nazionali sono possibili unicamente nei seguenti luoghi:

  • i musei di Francia
  •  i musei stranieri
  • i monumenti storici appartenenti alle collettività territoriali non assegnati a un museo, a condizione che siano aperti al pubblico
  • i parchi e i giardini delle tenute nazionali (sculture)
© Musée d'Orsay / Sophie Crépy

L'accesso alle collezioni nazionali resta quindi limitato soprattutto ai musei. La legge sottolinea l’imperativo di esporre al pubblico le opere delle collezioni nazionali. Peraltro, questa legislazione permette di porre fine ai numerosi casi di furto, deterioramento o trasferimento non autorizzato constatati durante le verifiche d’inventario condotte all’interno di istituzioni non museali.

Infine, l’articolo D. 423-18 inquadra le opere depositate prima del 1981 all’interno di istituzioni non museali. Queste possono continuare a essere depositate a condizione che siano visibili al pubblico: per esempio, un’opera depositata nella sala di celebrazione dei matrimoni può vedere prolungato il suo deposito.

Durante la prefigurazione del Museo d’Orsay (1978-1986), le equipe di curatori svolgono un lavoro di fondo sulle opere in deposito in vista di eventuali restituzioni. Tuttavia, numerose opere sono tuttora nelle istituzioni depositarie. Visto e considerato il forte legame storico dei musei regionali con i depositi effettuati prima del 1910, la legge 2002-5 del 4 gennaio 2002 relativa ai musei di Francia predispone il passaggio di proprietà alle collettività territoriali dei depositi statali anteriori al 1910.