Il Museo d’Orsay conserva un’eccezionale collezione di quasi 500 pastelli (467 nel 2020). Si tratta di una delle più belle collezioni a livello mondiale, dotata, tra l'altro, di un fondo di riferimento di opere maggiori di Edgar Degas (1834-1917) e Odilon Redon (1840-1916), artisti che hanno profondamente rinnovato l’arte del pastello ponendola al centro della loro pratica.
Questa collezione proviene dal Museo del Louvre, trasferita nel 1986 al Museo d’Orsay, essa stessa in parte erede di quella del Museo del Lussemburgo. Negli anni la collezione del Museo d’Orsay è stata arricchita da numerose acquisizioni, registrate in un apposito inventario dal 2014.
Scoperto nel Rinascimento, il pastello fu inizialmente utilizzato per mettere in risalto i colori negli studi preparatori ai dipinti. Nel Settecento, esso diventa una forma artistica a sé ed è allora associato soprattutto all’arte del ritratto, prestandosi a meraviglia alla resa degli incarnati e delle stoffe nonché all’espressione dello sguardo e della vita dei modelli.
La seconda metà dell’Ottocento, in concomitanza con la passione rinnovata per il Settecento, vede la rinascita del pastello, ampiamente esplorato da numerosi disegnatori e pittori. Al limite tra disegno e pittura, applicato su carta o, più raramente, su tela preparata, il pastello è una miscela di pigmenti puri in polvere, con una carica mineraria e un collante tali da solidificare il tutto in un bastoncino compatto. Rispetto alla pittura a olio, esso permette di lavorare direttamente con il colore e in maniera molto più veloce, senza tempi di asciugatura. Agli artisti è offerta una vasta gamma di tinte luminose e intense pronte all’uso.
Volatile, polveroso, il pastello non aderisce naturalmente a nessuna superficie ed è spesso associato a un fissativo la cui ricetta dipende dall’artista e resta un segreto di bottega. Fissati o meno, i pastelli sono particolarmente fragili, non solo al trasporto ma anche alla luce. Conservati nei depositi del museo, sono esposti a rotazione nell’ambito di mostre temporanee organizzate al Museo d’Orsay.
La fine del decennio 1840 conosce una rinascita del pastello, con Jean-François Millet (1814-1875) ed Eugène Boudin (1824-1898) che lo usa nei suoi innumerevoli studi di cielo all’aperto. Millet ha esposto pochi pastelli da vivo e la sua produzione viene rivelata al pubblico solo nel 1875, durante la vendita della collezione di Emile Gavet.
Sebbene in quella occasione lo Stato non fece alcuna proposta di acquisto, due magnifici pastelli provenienti dalla collezione Gavet sono entrati nelle collezioni nazionali in seguito a dei lasciti: La Femme au puits [La donna al pozzo] (1866-1868, lascito di Alfred Chauchard al Museo del Louvre nel 1906) e Le Bouquet de marguerites [Il bouquet di margherite] (1871-1874). Essi attestano la pratica tardiva del pastello in Millet che, ispirato dall’arte fiamminga e olandese del XVII secolo, associa in modo originale il disegno a matita nera e il pastello secco.
Il Museo d’Orsay conserva undici pastelli di Edouard Manet (1832-1883), entrati prevalentemente grazie ai lasciti dei modelli e al lascito della collezione di Isaac de Camondo al Louvre nel 1908 (Portrait d’Irma Brunner [Ritratto di Irma Brunner]), una serie eccezionale data la relativa rarità della sua produzione. L’artista comincia a lavorare a pastello negli anni settanta dell’Ottocento, senza disegno sottostante, costruendo il soggetto direttamente col colore su delle tele bianche (contrariamente alla maggior parte dei suoi contemporanei che praticano il pastello su carta).
I ritratti a pastello di Manet sono di una delicatezza estrema, concisi e vibranti di luce (ritratti di Mademoiselle Hecht) e le sue donne alla toilette (Le Tub [La tinozza]) oppongono sensualità e dolcezza all’asprezza dei nudi di Degas. Le tonalità dolci e vellutate dei suoi pastelli lo accostano a Eva Gonzales (1849-1883), presente con un pastello (La matinée rose [La mattina rosa]), acquistato dallo Stato nel 1885 per il Museo del Lussemburgo.
La collezione di pastelli di Edgar Degas offre uno scorcio dell’evoluzione e della varietà nella tecnica dell’artista, dagli studi preparatori per alcuni quadri (Etude pour Sémiramis construisant Babylone [Studio per Semiramide alla costruzione di Babilonia], donazione Senn, 1976) alle fiammeggianti «orge» di colore delle sue opere tardive (Danseuses en bleu [Ballerine in blu], donazione della baronessa Eva Gebhard Gourgaud, 1959), passando per i paesaggi a cavallo tra il 1869 e il 1870, le opere delle mostre impressioniste del decennio 1870 (Femmes à la terrasse d’un café le soir [Donne sulla terrazza di un caffè di sera], Les Choristes [I coristi]…) e la serie di nudi degli anni 1880-1890.
La ricchezza della collezione è particolarmente legata alla generosità di alcuni collezionisti e comprende tra l’altro diversi capolavori provenienti dal lascito della collezione di Isaac de Camondo al Louvre nel 1908 (Danseuse au bouquet [Ballerina con bouquet], Le Tub [La tinozza], Après le bain femme s’essuyant la nuque [Dopo il bagno donna che si asciuga la nuca]) e dal lascito di Gustave Caillebotte al Museo del Lussemburgo nel 1894 (L’Etoile o Danseuse sur scène [L’Etoile o Ballerina sul palco], Danseuse assise [Ballerina seduta], Femmes à la terrasse d’un café le soir [Donne sulla terrazza di un caffè di sera]…).
La collezione testimonia la straordinaria inventiva di Degas nella tecnica del pastello. L’artista mette a punto il pastello su monotipo (disegno a inchiostro grasso e stampato) che fornisce all’opera una trama preliminare in bianco e nero. Sempre a Degas si deve il pastello su carta da lucido apposto mediante strati successivi utilizzando un fissativo che permette di sovrapporre i vari strati senza mescolarli; egli sperimenta inoltre dei procedimenti per conservare la straordinaria consistenza dei suoi pastelli, la loro luminosità e brillantezza, rimaste inalterate nel tempo.
Tra gli impressionisti, si può citare Mary Cassatt, autrice di una piccola serie di pastelli, ritratti di donne e bambini, uno dei quali fu offerto dall'artista al Museo del Lussemburgo nel 1897. Gustave Caillebotte è presente con tre pastelli, due dei quali sono entrati nelle collezioni nel 2019 grazie al lascito Daurelle. Tra i gioielli del pastello impressionista, si citano il ritratto di Edma Pontillon realizzato da Berthe Morisot - malinconico ritratto della sorella dell’artista - il ponte di Waterloo a Londra di Claude Monet e dei bellissimi ritratti eseguiti da Auguste Renoir che si riallacciano alla tradizione settecentesca.
I pastelli di Redon conservati al Museo d’Orsay sono entrati nelle collezioni nazionali tramite lasciti, dazioni o donazioni e acquisti. Nel 1982 il corpus più importante, comprendente undici pastelli, proviene dalla donazione del fondo di bottega dell’artista da parte della nuora Suzanne Redon assecondando la volontà del marito Arï, figlio di Odilon (Vision sous-marine [Visione sottomarina], Marie Botkin, La Coquille [La conchiglia]…)
La collezione è ricca di opere simboliste che privilegiano la suggestione rispetto alla descrizione e fanno del pastello il coadiuvante ideale del mistero e del sogno. Alcune opere di Lucien Lévy-Dhurmer (1865-1953), provenienti per lo più dalla donazione Zagorowsky al Louvre nel 1972, sono delle vere e proprie icone della collezione, come Méduse o Vague furieuse [Medusa o Onda furiosa] (1897) e La Sorcière [La strega] (1897).
Tra i contemporanei di Redon vicini al simbolismo, si può citare William Degouve de Nuncques la cui Nocturne au Parc Royal de Bruxelles [Notturna al Parco Reale di Bruxelles] (1897, acquistata dal Museo d’Orsay nel 1982) dialoga con diversi pastelli dall’atmosfera crepuscolare o notturna: Un parc la nuit [Un parco di notte] dell’ungherese Josef Rippl-Ronai (donazione SAMO, 1994), Clair de lune et lumière [Chiaro di luna] di Léon Spilliaert (1909, donazione della figlia dell’artista al Museo d’Orsay nel 1981), Le Dernier labeur du jour [L’ultima fatica del giorno] di Giovanni Segantini (1891, acquistato nel 1979).
Questa dimensione misteriosa e suggestiva meravigliosamente espressa grazie alla tecnica del pastello si ritrova nelle opere del catalano Joan Gonzales (1868-1908), entrate nelle collezioni grazie alla donazione della nipote dell’artista al Museo del Louvre nel 1969.
Il Museo d’Orsay possiede anche un’importante collezione di pastelli Nabis, composta da una cinquantina di pezzi di cui oltre la metà reca la firma di Edouard Vuillard e proviene in gran parte dal lascito dell’artista al Museo del Lussemburgo nel 1942. Questo corpus comprende opere sperimentali di fine Ottocento di stampo spiccatamente moderno, ma anche ritratti, paesaggi e nature morte di Bonnard e Vuillard degli anni venti del Novecento, fino alle grandi composizioni mitologiche di Ker-Xavier Roussel.
Nella vena intimista e moderna dei pastelli di Vuillard di inizio Novecento si inseriscono anche quelli di Marguerite-Jeanne Charpentier, artista da poco riscoperta grazie all’impegno di collezionisti appassionati (Portrait de Marguerite Cahun [Ritratto di Marguerite Cahun], 1910, donazione Boyer, 2020).
Le sue opere vanno ad arricchire il corpus di artiste, ancora incompleto (22 pastelli di dieci donne) se si considera che le donne praticarono molto il pastello, ritenuto una tecnica «minore», soprattutto nel genere del ritratto. Tra le altre, si citano la russa Marie Bashkirtseff (1860-1884) e la svizzera Louise Breslau (1856-1927), i cui ritratti a pastello furono ben presto acquistati dallo Stato (Bashkirtseff, Portrait de Madame X [Ritratto di Madame X], acquistato dallo Stato nel 1885, e Breslau, Deux jeunes filles assises sur une banquette [Due ragazze sedute su una panca], acquistato nel 1897).