La Belle Angèle
Marie-Angélique Satre, albergatrice a Pont-Aven era ritenuta una delle donne più belle del paese. Intorno al 1920, riferisce le circostanze che portarono alla realizzazione del ritratto: "Gauguin era un uomo molto gentile ma anche molto sventurato [...]. Diceva sempre a mio marito che avrebbe desiderato farmi il ritratto, finché un bel giorno lo ha cominciato. [...] Ma quando alla fine me lo ha mostrato io non ho potuto fare a meno di commentare "Che orrore!" e che poteva benissimo tenerselo [...]. Gauguin ne fu rattristato sostenendo, con disappunto, che non aveva mai fatto un ritratto più bello di quello".
La disapprovazione della modella nei confronti del suo ritratto non ci sorprende affatto. Gauguin, che aveva deciso di "osare tutto", infrange le regole tradizionali della prospettiva e dell'unità spaziale. Utilizzando soluzioni tipiche delle stampe giapponesi, il pittore inserisce il busto di Angélique Satre in un cerchio che si stacca da uno sfondo decorativo e ricorre alla divisione delle forme sottolineando il profilo delle figure con un tratto più scuro.
La postura rigida, l'abito della festa della giovane donna e la scritta in lettere maiuscole LA BELLE ANGELE aumentano l'aspetto solenne di questa rappresentazione. Sulla sinistra, Gauguin inserisce una ceramica antropomorfa, d'ispirazione peruviana, che rafforza il carattere simbolico della composizione che appare come una versione esotica dell'idolo bretone.
Degas che considerava La bella Angèle un capolavoro, acquistò la tela nel 1891. Il quadro illustra in modo esemplare le principali preoccupazioni estetiche di Gauguin per quanto concerne l'assemblaggio eteroclito delle diverse fonti di ispirazione che considera primitive e la semplificazione delle forme.