Berthe Morisot (1841-1895)
Berthe Morisot
Berthe Morisot
Autoportrait, 1885
Paris, Musée Marmottan-Claude Monet, fondation Denis et Annie Rouart
Legs Annie Rouart, 1993
© Musée Marmottan Monet, Paris / Bridgeman Images / Service Presse
È anche la prima monografica dedicata a questa artista da parte di un museo nazionale dopo la retrospettiva organizzata nel 1941 al Museo dell'Orangerie.
Nata in un ambiente che il suo amico Renoir definiva "austeramente borghese", ma aperto alle arti, Berthe Morisot manifesta molto presto un certo gusto per l’indipendenza, gusto che si riflette nella sua carriera, al centro delle avanguardie, e nella sua pittura, tra le più innovative dell’impressionismo.
Figura centrale del movimento, partecipa a tutte le mostre del gruppo, eccetto a quella del 1879.
Lavora fino alla morte, sopraggiunta prematuramente nel 1895, lasciando un corpus di poco più di quattrocento quadri.
Questa mostra vuole segnare una nuova tappa nella diffusione e nella conoscenza di Morisot, proponendo e suscitando nuovi approcci, aggirando tuttavia i cliché di una pittura "femminile" ancora legati alla sua opera.
La mostra si concentra su un aspetto fondamentale della sua creazione: i dipinti figurativi e i ritratti, che per Morisot costituiscono delle scene della vita moderna.
Queste ultime sono caratterizzate da ciò che la grande storica dell’arte recentemente scomparsa, Linda Nochlin, chiamava delle "stimolanti ambiguità". Tali ambiguità si esprimono dal punto di vista sia dei modelli che degli spazi messi in gioco e in scena, oltre che attraverso una tecnica audace ed energica, che mira a suggerire più che a descrivere.
Quasi la metà dei quadri qui riuniti proviene da collezioni private e alcuni non vengono esposti in Francia da oltre cent’anni.
Il percorso, cronologico e tematico, invita a interrogarsi sui soggetti rappresentati (la moda, la toilette, il lavoro) che traducono lo status della donna nell’Ottocento, ma anche sulla tecnica particolare di Morisot (il plein air, l'interno, l’importanza degli spazi intermedi come le finestre, il finito).
Le sue opere sono un’esplorazione dell’identità moderna che ella dipinge come un equilibrio fragile, con un approccio che è al contempo calmo e irrequieto, luminoso e misterioso, esigente e poetico.
Dipingere la vita moderna
Dipingere la vita moderna
Jeune femme à sa fenêtre (Portrait de Mme Pontillon), 1869
Washington, National Gallery of Art
Legs de Mme Ailsa Mellon Bruce, 1970
© Courtesy National Gallery of Art, Washington, DC
"Otterrò la [mia indipendenza] solo a forza di perseveranza e manifestando molto apertamente l’intenzione di emanciparmi", scrive Berthe Morisot nel 1871.
Per una donna del suo ambiente, questa emancipazione comincia con l’affermazione pubblica della sua ambizione di pittrice professionista. Dal 1864, partecipa dunque al Salon, esposizione ufficiale all’epoca con cadenza annuale.
Soprattutto, su invito di Edgar Degas, ma contro il parere dei suoi amici Edouard Manet e Pierre Puvis de Chavannes, decide di presentare le proprie opere a quella che diventerà la prima mostra impressionista nel 1874.
La prima metà degli anni ’70 dell’Ottocento è decisiva. All’epoca Morisot attribuisce alla figura un ruolo centrale nella propria opera e sua sorella nonché pittrice Edma ne sarà la modella prediletta, posando per lei sia all’esterno che all’interno.
Portrait de Madame Edma Pontillon, née Edma Morisot, soeur de l'artiste, en 1871
Musée d'Orsay
Legs de Madame Pontillon, 1921
photo musée d'Orsay / rmn © RMN-Grand Palais (Musée d?RTMOrsay) / Adrien Didierjean / DR
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Per Berthe Morisot, si tratta di dipingere il mondo circostante quale esso è.
Nel 1876, in un testo che passa per il manifesto dell’impressionismo, il romanziere e critico Edmond Duranty pone al centro di ciò che definisce "la nuova pittura" la rappresentazione della figura moderna in un interno. "La nostra esistenza si svolge nelle camere o per strada", scrive.
È così che la sfera domestica, appartenente alla scena di genere, inferiore e disprezzata, e da sempre associata a un soggetto e a uno spazio di appannaggio femminile, si ritrova investita dagli impressionisti, in particolare da Degas, Caillebotte, Cassatt, Morisot, Renoir e Monet all’inizio della sua carriera.
I personaggi di Morisot, presenti e al tempo stesso assorti nelle loro fantasticherie, conferiscono una poesia silenziosa e un che di misterioso a queste scene della vita moderna.
"Mettere una figura en plein air"
"Mettere una figura en plein air"
"C’è molta luce e molto sole. Cerca ciò che noi stessi abbiamo spesso cercato: mettere una figura en plein air [...]", si entusiasma Morisot dopo aver ammirato un quadro di Bazille nel 1869.
L’artista ha integrato prestissimo il lavoro all’aperto nella sua formazione.
Strumento di conoscenza della natura, il plein air fa certamente parte del percorso accademico già dalla fine XVIII secolo, oltre che della pratica pittorica femminile, amatoriale o professionale.
Dalla metà del XIX secolo, i pittori vi vedono l’opportunità di un nuovo sguardo sulla natura, propizio alla trascrizione di un’impressione immediata e svincolata dalle routine accademiche.
Negli anni ’70 dell’Ottocento, Morisot moltiplica dunque le figure immortalate all’aperto, muovendosi negli spazi a cui ha accesso una donna del suo ambiente: Parigi dalla collina del Trocadero, dove sorge la dimora familiare, le stazioni balneari delle Petites Dalles o di Fécamp, i giardini pubblici o privati.
La Lecture (L?RTMombrelle verte), 1873
Cleveland Museum of Art
Don du Hanna Fund, 1950
© The Cleveland Museum of Art
In Morisot, il plein air è indissociabile dalla rappresentazione della vita moderna.
Queste scene borghesi del XIX secolo riflettono certo la quotidianità dell’artista, ma costituiscono ugualmente dei terreni di sperimentazione plastica privilegiati.
La fattura è nervosa; il pennello, grafico, dispone i principali punti di riferimento e i personaggi, talvolta semplificati al limite e ridotti a pochi, schematici tocchi di colore.
Sfidando l'artista con le sue incessanti variazioni, la luce esterna costringe a un’esecuzione rapida, sintetica, parsimoniosa di mezzi, una "impressione", per stare sempre al passo con un motivo fugace. Tuttavia, Morisot ha senz’altro ultimato nella bottega alcuni quadri cominciati all’aperto.
Donne alla toilette
Donne alla toilette
Jeune femme se poudrant, 1877
Musée d'Orsay
Legs Antonin Personnaz, 1937
photo musée d'Orsay / rmn © Musée d’Orsay, Dist. RMN-Grand Palais / DR
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Tra il 1876 e il 1894, Berthe Morisot esegue una ventina di scene di toilette.
Questi quadri registrano la privatizzazione di momenti che, prima del XIX secolo, sono stati pubblici o condivisi. Le attività a cui si dedicano qui le modelle – delle professioniste – sono varie.
Nell’Ottocento, la toilette femminile è legata a molteplici codici di abbigliamento.
Ciò che interessa a Morisot sembra la creazione dell’intimità in sé, più che il ritratto, la descrizione o la cronaca sociale.
Le modelle sono pertanto rappresentate nella tenuta più privata possibile, come ad esempio la camicia da notte, portata a contatto diretto con la pelle, formando così il primissimo strato di indumento femminile, quello che le donne per bene non dovrebbero mostrare al proprio marito.
Femme à sa toilette, 1875-1880
Chicago, Art Institute of Chicago
Stickney Fund, 1924
© Image Art Institute of Chicago
Tranne che per Nudo di spalle, realizzato tra il 1876 e il 1883, è la camera stessa dell’artista a essere rappresentata.
Questa pittura dell’intimità in Morisot, che mette in scena la propria vita privata, ha avuto un destino pubblico.
Con due quadri su questo soggetto esposti alla mostra impressionista del 1876, Morisot è stata la prima a introdurre il tema nelle mostre del gruppo.
Continuerà ad esporne e a venderne in seguito.
La "Bellezza dell’essere alla toilette"
La "Bellezza dell’essere alla toilette"
Eté (Jeune femme près d'une fenêtre), 1879
Montpellier, musée Fabre
Don de M. et Mme Ernest Rouart (Julie Manet), 1907
© Photo Studio Thierry Jacob
Il poeta Jules Laforgue celebrava così i mezzi offerti dal costume contemporaneo agli artisti: "Questa bellezza dell’essere alla toilette, quando i nostri volti sono così espressivi, non è forse tanto interessante, solida, umana e naturale quanto il nudo greco?".
Per gli impressionisti, la moda e l’abbigliamento moderno sono due elementi essenziali della cosiddetta "nuova pittura".
La moda dei quadri di Morisot non è quella dei grandi stilisti: ella dipinge abiti eleganti, adattati da sarte o negozi di prêt-à-porter per le giovani dell’alta borghesia parigina, che, come l’artista, non dettano forse la moda ma la seguono.
Nell’Ottocento, a cavallo tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli ’80, l’inquadratura sulle modelle si restringe, la figura conquista una portata inedita, fino a diventare il soggetto principale del quadro.
L'identità di queste modelle professioniste – Morisot non le prende più dalla cerchia di parenti e amici – ci è sconosciuta, il che rende ancora più misteriose queste giovani donne.
Jeune femme en toilette de bal, en 1879
Musée d'Orsay
Acquisistion de Théodore Duret, 1894
© Musée d’Orsay, Dist. RMN-Grand Palais / Patrice Schmidt
Vedi il bando dell'opera
Allo stesso modo, gli abiti sono più suggeriti che descritti.
Colli, jabot, fiori, accessori, stoffe o pellicce proprie delle toilette moderne sono altrettanti pretesti per adoperare un tocco nervoso e allusivo, pennellate rapide, linee spezzate, grattage e riprese, insomma una tecnica che è il contrario della grazia suscitata dal soggetto rappresentato.
Queste figure a mezzo busto formano come una serie nell’opera di Morisot, figure che ella presenta alle mostre impressioniste dove ottengono l’approvazione della critica.
È con una di esse, Giovane donna in tenuta da ballo, che l'artista fa il suo ingresso al museo da viva.
Finito/non-finito: "Fissare qualcosa di quel che passa"
Finito/non-finito: "Fissare qualcosa di quel che passa"
Le lac du bois de Boulogne (Jour d'été), vers 1879
Londres, The National Gallery
Legs de Sir Hugh Lane, 1917
© National Gallery, London
La questione del finito attraversa l’intera produzione di Berthe Morisot e, più in generale, si colloca al cuore dei dibattiti sull’impressionismo.
Morisot è senz’altro l'artista che svolge al riguardo gli esperimenti più radicali, soprattutto dalla fine degli anni 1870, sia nelle scene all’aperto che in quelle d’interni.
La ricerca di un effetto di istantaneità la porta allora ad adottare una pennellata sempre più rapida e abbozzata, che fonde figura e sfondo in un all-over privo di punti di riferimento spaziali.
Così, all’esterno, la vegetazione, a volte l’acqua, invadono lo sfondo; il cielo scompare in modo duraturo.
Secondo un procedimento caro a Morisot, gli angoli e talvolta i bordi della tela sono poco o per niente ricoperti di pittura, la pennellata si fa sempre più debole proprio negli angoli, e a volte l’artista lascia trasparire la tela grezza, senza preparazione.
Un giornalista la soprannominò nel 1880 "l'angelo dell’incompiuto".
Questa assenza di finito, nel caso di Morisot e contrariamente agli altri impressionisti, non sempre era visto dalla critica dell’epoca come un progetto artistico, ma spesso come il segno di una timidezza e di un’indecisione tipicamente femminili.
Eppure, a guardare bene, più che incertezza, emergono determinazione e autorità. L’artista si afferma come la sola in grado di decidere se un quadro sia finito o meno.
Hiver, 1880
Dallas Museum of Art
Don de la Fondation Meadows Incorporated, 1981
© Photo Dallas Museum of Art
Il fatto è che il "non-finito" è al cuore dell’approccio artistico di Morisot e della sua visione del mondo.
La superficie del quadro è di per sé mobile ed energica, creando degli effetti di squilibrio.
Più radicale ancora, Morisot integra al risultato finale e sfrutta visivamente le tracce dell’attuazione e dell’avanzamento del proprio lavoro.
Tutto avviene come se questa tecnica, complessa e vigorosa, sicura e personale, spontanea e controllata, mettesse in scena una corsa contro il tempo, l’estetica dell’'"opera in divenire", che introduce una temporalità nel mondo immobile del quadro.
In Morisot, l'impressione di rapidità è un altro tentativo per riflettere e arginare la fuga del tempo.
Donne al lavoro
Donne al lavoro
Blanchisseuse (Paysanne étendant du linge), 1881
Copenhague, Ny Carlsberg Glyptotek
© Ny Carlsberg Glyptotek, Copenhagen
Anima della casa, esse sono un altro indizio di quella pittura dell’intimità praticata dall’artista.
Il loro lavoro, silenzioso e invisibile, relegato alla sfera privata, non ha la dimensione politica o naturalista delle rappresentazioni del mondo contadino, artigiano e operaio che abbondano al Salon a partire dal 1880, ma Morisot conferisce loro dignità e poesia.
È l’unica impressionista, insieme a Cassatt e Pissarro, a rappresentare regolarmente le domestiche nei loro compiti giornalieri.
Così, se sua figlia Julie, nata nel 1878, è cresciuta sotto il pennello tenero ed empatico di un genitore artista, come pure i figli del suo amico Renoir, Morisot la rappresenta in compagnia delle domestiche che la accudiscono.
In questi quadri, la madre non fa la madre, ma dipinge delle donne al lavoro, di conseguenza ella stessa lavora.
L'opera dipinta di Morisot non è certo una critica della maternità, ma mostra tuttavia che essa non è il solo mezzo di realizzazione né tantomeno l’unico destino di una donna.
Se appartengono alla sua routine e alla pittura della vita moderna, serve, domestiche e balie sono al tempo stesso lo specchio dell’artista al lavoro, come aveva evidenziato la grande storica Linda Nochlin.
È così che Morisot ha voluto mettersi in scena nel suo magnifico Autoritratto, unica occorrenza nella sua opera dipinta in cui si mostra da sola e più precisamente al lavoro.
Finestre e soglie
Finestre e soglie
La Terrasse, 1874
Tokyo, Tokyo Fuji Art Museum
© 2017 Christie's Images Limited
Guardando attentamente, gli spazi dipinti da Berthe Morisot sono spesso delle soglie, degli spazi liminali dove l’interno è aperto verso l’esterno e in relazione con esso.
Morisot ha una predilezione per balconi, finestre, verande e giardini d’inverno, messi particolarmente in valore dall’architettura domestica della seconda metà del XIX secolo.
Ella privilegia questi luoghi di permeabilità tra esterno e interno, indeterminati, in un’epoca in cui, per l’appunto, gli spazi si differenziano sessualmente e si specializzano all’interno della casa a seconda di usi e riti sociali.
Diversi storici vi hanno visto l’espressione della relegazione della donna alla sfera domestica, essendo l’accesso allo spazio pubblico limitato per le donne "per bene" e la strada vista quasi solo dal bozzolo dell’interno.
En Angleterre (Eugène Manet à l'île de Wight), 1875
Paris, musée Marmottan-Claude Monet
Fondation Denis et Annie Rouart, legs Annie Rouart, 1993
© Musée Marmottan Monet, Paris / The Bridgeman Art Library / Service presse / DR
Tuttavia in Morisot, e più particolarmente nella serie dei quadri di Bougival, interno ed esterno si compenetrano e spesso si prolungano.
L’abbondante vegetazione del giardino sembra invadere la stanza fino a trasformare lo sfondo in una sorta di superficie decorativa.
Per un’impressionista affascinata dalle interazioni tra l’esterno e la figura, finestre, verande o giardini d’inverno offrono ugualmente una fonte di luce naturale filtrata e maggiormente gestibile rispetto all’esterno.
Queste "soglie" si prestano a delle spazializzazioni complesse, innovative e poetiche in cui vengono meno i punti di riferimento. Così, mediante simili giochi di costruzione, l’artista sfugge definitivamente alla descrizione e alla narrazione.
Infine, questi dispositivi spaziali, queste finestre che si aprono verso l’esterno e lo "inquadrano", introducono altrettanti quadri nel quadro che sono anche delle metafore dell’atto di vedere.
Una bottega tutta per sé
Una bottega tutta per sé
Jeune fille au lévrier (Julie Manet et sa levrette Laërte), 1893
Paris, musée Marmottan-Claude Monet, Fondation Denis et Annie Rouart
Legs Michel Monet, 1966
© Musée Marmottan Monet, Paris / Bridgeman Images / Service Presse
Berthe Morisot, pur non avendo sempre avuto una bottega vera e propria, poté comunque ricavarsi degli spazi di creazione che si ritrovano nei suoi quadri.
Nel 1883, si crea un salone-bottega nel palazzo fatto costruire insieme al marito in rue de Villejust, attuale rue Paul Valéry, a Parigi.
Le pareti rosate o i porta-disegni si ritrovano in diverse composizioni dei primi anni del 1890. Ma è proprio l’interno nel suo insieme che sembra saturarsi di arte fino a diventarne lo specchio.
Alla fine della sua vita, Morisot moltiplica infatti le composizioni in cui sua figlia Julie, le sue nipoti o delle modelle professioniste sono intente a suonare, disegnare o dipingere.
Questa mise en abyme della creazione è rafforzata dalla presenza di quadri della collezione di Morisot e di fotografie.
Simili effetti di immagini nell’immagine sono altrettanti ricordi che iscrivono il passato nel presente. Confondono i punti di riferimento nello spazio e nel tempo. La figura diviene il supporto di una riflessione nuova sul tempo che passa e sul ricordo.
All’inizio del decennio 1890, l'opera di Berthe Morisot assume degli accenti simbolisti e interroga la nozione stessa di spazio e tempo reale.
La pennellata fluida e lunga, dai colori saturi, fonde le figure nel loro ambiente. Gli interni di Morisot, assimilabili a delle proiezioni dell’interiorità, della musica suonata dalle modelle o delle fantasticherie di queste ultime, si smaterializzano: "Il sogno è la vita – e il sogno è più vero della realtà; in sogno siamo noi ad agire, veramente noi – se abbiamo un’anima, è lì".