Frédéric Bazille (1841-1870). Agli albori dell'impressionismo.
Portrait de Bazille à la Ferme Saint-Siméon, 1864
Montpellier, musée Fabre
Don de Frédéric Bazille, neveu de l'artiste, 1945
© Musée Fabre de Montpellier Méditerranée Métropole - photographie Frédéric Jaulmes
Il decennio 1860-’70 fu sicuramente uno dei più decisivi per la storia dell’arte. In quegli anni, un drappello di temperamenti indipendenti, Manet, Monet, Renoir, Sisley, Degas, Cézanne, ecc., ambiscono a rinnovare la pittura e imboccano strade mai esplorate prima.
Tra questi, Frédéric Bazille, originario di Montpellier.
Se la sua personalità è ben nota grazie all’abbondante corrispondenza lasciataci, il suo ruolo nella nascita della "Nuova Pittura" (Duranty) è spesso ridotto a quello di appassionato compagno di viaggio e di saltuario sostegno materiale dei futuri impressionisti.
“Bazille era il più dotato, il più amabile in tutti i sensi”, dirà tuttavia il suo amico Edmond Maître all’indomani della sua morte avvenuta sul campo di battaglia nel 1870.
Ostacolato nella sua formazione artistica dagli studi di medicina, Bazille realizza, in appena sette anni di carriera, un cospicuo numero di capolavori che non hanno nulla da invidiare a quelli dei suoi amici più precoci.
Mosso da desideri talvolta contraddittori – soddisfare le aspettative di una famiglia borghese, prendere parte alla rivoluzione artistica in atto –, Bazille è il prodotto originale di un ambiente protestante occitano e di un temperamento passionale.
Frédéric Bazille, en 1867
Musée Fabre, Montpellier
Legs de Marc Bazille, 1924
© Musée d’Orsay, Dist. RMN-Grand Palais / Patrice Schmidt
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La sua è decisamente un’opera della “giovinezza” – ambiziosa, inventiva, idealista, ribelle –, ogni nuova tela è una sfida, uno smacco o una vittoria. “Spero proprio, diceva, se mai faccio qualcosa, di avere almeno il merito di non copiare nessuno”.
La pittura di Bazille reca con sé la luce intensa del sud della Francia che gli ha dato i natali, ma anche l’ombra dei suoi dubbi e l’inerzia della sua malinconia.
Divisa tra l’effervescenza della vita artistica parigina d’inverno e l’ozio delle estati occitane, la breve vita di Frédéric Bazille meritava di essere omaggiata da una retrospettiva internazionale.
Questa mostra – la prima organizzata da un museo nazionale francese – è il risultato di una collaborazione tra il museo d'Orsay, il museo Fabre di Montpellier e la National Gallery of Art di Washington.
Trois études de loups
© RMN-Grand Palais (Musée d’Orsay) / Thierry Le Mage
Da Montpellier a Parigi
Frédéric Bazille nasce nel 1841 a Montpellier in una famiglia dell’alta borghesia protestante. Il padre, vicesindaco di Montpellier e in seguito senatore repubblicano dell’Hérault, è anche presidente della Società di agricoltura oltre che una figura importante della viticoltura della Linguadoca.
Primogenito, Frédéric è destinato a diventare medico, il che non gli impedisce di iniziarsi al disegno nell’atelier dello scultore Baussan e figlio.
A Montpellier, il giovane ha la fortuna di venire a contatto con importanti collezioni di dipinti: quella del museo Fabre, considerata una delle più belle di Francia, e quella dell’appassionato Alfred Bruyas, straordinaria serie di dipinti moderni riuniti a partire dall’inizio del 1850.
In quanto vicino – il palazzo Bruyas è a due passi da quello della famiglia Bazille –, Frédéric visita questo museo privato e vi contempla gli ultimi capolavori di Delacroix e di Courbet.
Nel 1862, a vent’anni, Bazille lascia Montpellier per proseguire i suoi studi di medicina a Parigi. Appena arrivato, si iscrive nell’atelier del pittore svizzero Charles Gleyre, dove incontrerà Claude Monet, Auguste Renoir e Alfred Sisley.
Nel 1864, Bazille ottiene dai genitori il permesso di abbandonare gli studi di medicina per diventare artista. Lascia allora anche l’atelier Gleyre per dipingere ormai liberamente nel proprio atelier o al fianco di Monet.
Paysage de montagnes boisées
© RMN-Grand Palais (Musée d’Orsay) / Michel Urtado
Dal vivo
Nella primavera 1863, animato dal desiderio di dipingere dal vivo, Monet porta Bazille e altri compagni dell’atelier Gleyre nella foresta di Fontainebleau.
Come i pittori della Scuola di Barbizon che, prima di loro, amavano rifugiarsi nella foresta per dipingere le bellezze della natura, anch’essi spostano il loro cavalletto all’aperto per realizzare una serie di studi. Tuttavia, il loro sguardo si allontana dalle visioni panteistiche dei loro predecessori Rousseau, Diaz o Corot.
Come i fotografi, essi inquadrano in maniera brusca il paesaggio e si cimentano nel dipingerne soltanto i colori, i contrasti. Al fianco del precoce Monet, Bazille educa l’occhio e la mano.
I due viaggiano insieme a più riprese, come nella primavera 1864 quando soggiornano in Normandia, nella famiglia di Monet a Le Havre o a Honfleur, alla Ferme Saint-Siméon, luogo frequentato anche da Boudin e Jongkind.
Nell’agosto 1865, Bazille raggiunge Monet a Chailly per posare nel suo enorme Colazione sull’erba Parigi, museo d'Orsay). Egli coglie allora l’occasione per dipingere qualche paesaggio e rappresentare il suo amico, costretto a letto dopo un incidente, ne L’ospedale da campo improvvisato.
Dopo questo soggiorno, Bazille acquista simbolicamente la propria indipendenza nei confronti di Monet e abbandona i paesaggi del nord della Francia per esplorare quelli della sua terra natale, la Linguadoca.
L'Atelier de la rue de Furstenberg, 1865
Montpellier, musée Fabre
© Musée Fabre de Montpellier Méditerranée Métropole - photographie Frédéric Jaulmes
Amicizie di atelier
Sin dal suo arrivo a Parigi, Bazille non fa che chiedere ai suoi genitori un atelier in cui lavorare. Tra il 1863 e il 1870, l’artista ne occuperà ben sei.
Di questi, tre danno luogo a delle vedute d’interno che sono altrettanti autoritratti in filigrana, manifesti di questa nuova vita d’artista tanto cara a Bazille.
Il giovane pittore, che gode di una pensione versata dai suoi genitori, si mostra generoso con gli amici, dividendo con loro diversi suoi appartamenti.
Nel 1864, Bazille e Monet vanno a vivere insieme in rue de Furstenberg; nel 1867, sarà con Renoir – e occasionalmente con Monet e Sisley – che Bazille dividerà la sua abitazione di rue Visconti.
Nell'atelier, artisti e amici di passaggio lavorano con modelle di professione o, quando i soldi scarseggiano, posano gli uni per gli altri.
All’inizio dell’anno 1868, Frédéric Bazille si trasferisce con Renoir in un atelier più spazioso nel quartiere di Batignolles allora in piena trasformazione, non lontano dal Café Guerbois, dove si riunisce tutta l’avanguardia realista: Fantin-Latour, Degas, Manet, ma anche gli scrittori Zola, Astruc o Duranty.
In risposta all'Studio a Batignolles di Fantin-Latour (Parigi, museo d'Orsay), Bazille dipinge nel 1870 una veduta del suo atelier di rue La Condamine in cui si muovono i suoi amici. Dipinto da Manet al centro del quadro, Bazille è ormai una figura chiave del gruppo degli "attualisti", come li soprannominava Zola.
Nature morte au héron, 1867
Montpellier, musée Fabre
© Musée Fabre de Montpellier Méditerranée Métropole - photographie Frédéric Jaulmes
Trofei di caccia
In una lettera alla madre del 1866, in cui chiede dei soldi per potersi pagare dei modelli in carne e ossa, Bazille scrive: “Non condannatemi alla natura morta in eterno!” La natura morta è forse un genere per artisti al verde? Tale scelta non è tuttavia dettata da ragioni esclusivamente economiche. Le nature morte permettono ai giovani artisti di cimentarsi facilmente nell’arte della composizione, nella resa delle materie e dei volumi. Il genere conosce inoltre una nuova fortuna sotto il Secondo Impero, legata allo sviluppo del mecenatismo borghese. È proprio con una natura morta, i Pesci, che Bazille fa la sua prima comparsa al Salon nel 1866. In quest’opera buia e accurata si scorge sì l’influenza dei maestri olandesi o fiamminghi, ma anche quella di Manet. La bella Natura morta con airone rivela la passione dell’artista per la caccia – praticata insieme al padre nei dintorni di Montpellier – oltre che l’influenza esercitata dai trofei di caccia dipinti da Oudry o Chardin, di cui il Secondo Impero riscopre il lirismo discreto e l’elegante semplicità.Lungi dal limitarsi a un'unica specialità, Bazille e i suoi amici ambiscono a rinnovare tutti i generi, e reinterpretano la tradizione per meglio svincolarsene.
L'atelier de Bazille (détail), 1870
Musée d'Orsay
Legs Marc Bazille, 1924
© Musée d’Orsay, dist. GrandPalaisRmn / Patrice Schmidt
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Bazille e la musica
Dopo la pittura, l’altra passione di Bazille è la musica, inclinazione trasmessagli dalla madre.
Egli stesso si esercita assiduamente al pianoforte, unico mezzo per ascoltare musica al di fuori dei concerti nonché suo principale passatempo a Parigi.
“Non vedo l’ora che arrivi il mio piano, ti prego di mandarmi tutta la musica che puoi, le mie sinfonie a quattro mani, i valzer di Chopin, le sonate di Beethoven, lo spartito di Gluck [...]. Quando mi avanzeranno un po’ di soldi mi comprerò le romanze senza parole di Mendelssohn” (lettera di Bazille alla madre, dicembre 1863).
Insieme al suo amico Edmond Maître, Bazille si appassiona in seguito a Berlioz e ai compositori tedeschi Schumann e Wagner, al tempo poco noti o apprezzati in Francia. Appassionato di spettacoli, frequenta, non appena può permetterselo, i teatri, i concerti del Conservatorio o l’Opera. Al Théâtre Lyrique, ammira i Pescatori di perle di Bizet (1863), I Troiani di Berlioz (1863) o ancora Rienzi di Wagner (1869): “l’opera di gioventù di un uomo di genio”. Se in pittura Bazille opta per una modernità realista in cui non c’è posto per l’espressione dei sentimenti, i suoi gusti musicali lasciano invece trapelare un carattere romantico e passionale.
Jeune fille au piano, 1865-1866
© C2RMF Bruno Mottin
“Una fanciulla suona il piano e un giovanotto la ascolta”
Nel 1866, per la sua prima partecipazione al Salon ufficiale, Bazille intraprende la realizzazione di una grande tela (1,50 x 2m) di cui gli è particolarmente caro il soggetto: “una fanciulla suona il piano e un giovanotto la ascolta”.
Questo quadro, rifiutato dalla giuria del Salon e fino ad oggi considerato smarrito o distrutto, è stato ritrovato “sotto” una composizione tardiva grazie alla tecnica della radiografia.
Il dispositivo digitale tattile presente sul luogo della mostra permette al visitatore di partire alla scoperta di questo “anello mancante” dell’opera di Bazille.
Con il sostegno del Centre de Recherche et de Restauration des Musées de France (C2RMF), dei laboratori della National Gallery of Art di Washington e di altri musei americani, è stato possibile radiografare diverse opere e riportare alla luce una decina di composizioni ritenute perdute.
Bazille, infatti, insoddisfatto del suo lavoro o in preda alle difficoltà economiche, si serviva sistematicamente di tele usate per dipingere nuovi quadri.
Les Remparts d'Aigues-Mortes, du côté du couchant, 1867
Washington, National Gallery of Art
Collection de M. et Mme Paul Mellon
© Courtesy National Gallery of Art, Washington, NGA Images
Aigues-Mortes
All’inizio dell’estate 1866, Bazille manifesta il desiderio di recarsi a Aigues-Mortes, roccaforte medievale da cui partì San Luigi per le crociate nonché luogo emblematico della memoria protestante.
Gaston Bazille mette in guardia il figlio sulle febbri e l’insalubrità che infestano il posto durante la “grande calura di agosto” e aggiunge: “Non ho mai visto dipinti che raffigurino Aigues-Mortes”.
Alla fine del mese di maggio 1867, l'artista finalmente vi si reca: “Oggi c’è un tempo bellissimo e tra poco partirò. Ho cominciato tre o quattro paesaggi dei dintorni di Aigues-Mortes. Sulla mia grande tela, farò le mura della città che si riflettono nello stagno al tramonto. Sarà un quadro molto semplice e non dovrei metterci molto”.
Da questa spedizione pittorica, Bazille torna con numerosi schizzi e tre quadri. L'artista ha assimilato l’insegnamento tecnico di Monet e dipinge ormai con una certa sicurezza, all’aperto, in mezzo alla laguna della Camargue.
L'austera maestosità del luogo, il rigore geometrico dei bastioni, l’atmosfera insieme luminosa e malinconica trovano delle incredibili corrispondenze in Bazille. Solo, lontano dai luoghi già troppo frequentati dell’Île-de-France o della Normandia, è nel cuore della sua terra natale che Bazille trova l’espressione del suo temperamento.
Vue de village, 1868
Montpellier, musée Fabre
© Musée Fabre de Montpellier Méditerranée Métropole - photographie Frédéric Jaulmes
“Dipingere figure al sole”
Pensando sicuramente a L’incontro di Courbet (Montpellier, museo Fabre), della collezione Bruyas, a Bazille viene ben presto l’idea di “dipingere delle figure al sole”, come scrive nel dicembre 1863.
A metà tra ritratto e scena di genere, questo nuovo soggetto decisamente moderno occupa anche la mente di Monet, Renoir o Berthe Morisot, che raccolgono la sfida di inserire delle figure moderne dentro paesaggi dipinti dal vivo.
È quanto fa Bazille a partire dal 1864 con L’abito rosa che, peraltro, rappresenta per la prima volta la tenuta familiare di Méric.
È lì che, ogni estate, egli dipinge le sue opere più ambiziose destinate al successivo Salon, comeLa riunione di famiglia o ancora la Veduta di un villaggio che, secondo Berthe Morisot, esaudiscono il desiderio di tutta questa generazione: “collocare una figura in un paesaggio en plein air”. In effetti, durante il decennio 1860-‘70, l’esercitazione tecnica diventa il progetto emblematico della nuova scuola.
Mentre Monet si vede rifiutare i propri quadri al Salon, quelli di Bazille sono sistematicamente ammessi: “Dalle regioni del Sud, ogni primavera, torna Monsieur Bazille con quadri estivi [...] pieni di verde, di sole e dalla struttura semplice”, scrive Duranty nel 1870.
Dal canto suo, anche Astruc riconosce a Bazille un ruolo fondamentale in questa conquista della “pienezza straordinaria della luce, l’impressione particolare del plein air, la potenza del giorno”.
La toilette, 1870
Montpellier, musée Fabre
© Musée Fabre de Montpellier Méditerranée Métropole - photographie Frédéric Jaulmes
Il nudo moderno
Durante gli anni sessanta dell’Ottocento, il nudo accademico domina ampiamente le pareti del Salon, dove corpi di Venere meno pudici di quel che sembra si affiancano ad eroi virili dai muscoli rigonfi. È proprio con i suoi nudi, conformi alle fantasie della borghesia, che trionfa Alexandre Cabanel, originario di Montpellier come Bazille.
Tuttavia, sulla scia di Courbet, che apre la strada alla rappresentazione del nudo realista con le Bagnanti (Montpellier, museo Fabre) e i Lottatori (Budapest, museo delle Belle Arti), alcuni artisti dipingono il corpo nella sua verità, a costo di non piacere e di essere rifiutati al Salon.
Bazille si afferma come pittore del corpo maschile, soggetto ampiamente trascurato dai suoi colleghi. Nel corso delle sue ricerche sulla figura en plein air, l'artista dipinge Il pescatore di sparvieri in pendant con Veduta di un villaggio per il Salon del 1869, seguito, l’estate successiva da Scena estiva.
Dopo i quadretti di vita familiare di Méric, Bazille si allontana progressivamente dalla casa per addentrarsi nella natura sulle rive del Lez, dove può disporre, en plein air, di corpi atletici e luminosi.
Questi dipinti audaci si annoverano tra più originali dell’opera di Bazille – c’è chi vi ha colto l’espressione di un desiderio omosessuale latente – e anticipano l’interesse di Cézanne per lo stesso tema. In contrasto, il nudo femminile de La Toilette appare piuttosto come un omaggio all’orientalismo di Delacroix e all’erotismo di Manet.
Jeune femme aux pivoines, 1870
Washington, National Gallery of Art
Collection de M. et Mme Paul Mellon
© Courtesy National Gallery of Art, Washington, NGA Images
Fiori
La pittura floreale conosce un grande impulso sotto il Secondo Impero. Courbet, Manet, Fantin-Latour, Monet, Renoir si dedicano con piacere a questo genere commerciale e borghese.
Il soggetto non lascia indifferente Bazille, che ha potuto studiare numerose essenze nell’orto botanico di Montpellier, accanto alla facoltà di medicina, e soprattutto nella serra della tenuta di Méric.
In questi quadri realizzati per il Salon o per il suo entourage, Bazille e i suoi amici si rifanno sì ai modelli antichi ma senza curarsi del simbolismo dei fiori né tantomeno delle lezioni di morale tradizionalmente associate al genere.
Resta solo il piacere dello studio dal vero e degli audaci accostamenti di colori resi possibili da questi allegri bouquet.
Jeune femme aux pivoines, 1870
Montpellier, musée Fabre
© Musée Fabre de Montpellier Méditerranée Métropole - photographie Frédéric Jaulmes
Con le due versioni della Giovane donna con peonie, in cui i fiori e la domestica nera richiamano certi quadri di Manet, Bazille coniuga la natura morta con la pittura di figura.
Realizzate durante la primavera 1870, prima dell’ultimo rientro dell’artista a Montpellier, queste tele stupiscono per le loro differenze ma anche per la grande padronanza dei mezzi cui è ormai pervenuto Bazille.
In esse, si ritrova la predilezione dell’artista per le figure calme assorte nelle loro attività o, al contrario, che non hanno paura di fissare lo spettatore dritto negli occhi.
Ruth et Booz, 1870
Montpellier, musée Fabre
© Musée Fabre de Montpellier Méditerranée Métropole - photographie Frédéric Jaulmes
Bazille, “Pittore di Storia”?
Nel maggio 1870, Bazille lascia Parigi e il suo nuovo atelier della rue des Beaux-Arts per Montpellier, dove trascorre la sua ultima estate. Deluso dall’accoglienza contrastata del suo capolavoro, Scena estiva all’ultimo Salon, l'artista si isola a Méric.Qui dipinge due nuovi quadri, Paesaggio sulla riva del Lez e Ruth e Booz. Di formato identico, questi sono probabilmente pensati come l’uno il corrispettivo dell’altro. Bazille tocca la maestosità classica dei paesaggi di Poussin e di Corot con Paesaggio sulla riva del Lez – definito un’“egloga” nelle sue lettere –, espressione della solitudine dell’artista e della “calura” [che] fa evaporare ogni cosa e regna tranquilla e solitaria”.
Con Ruth e Booz, Bazille si allontana in modo inedito dall’esigenza luminosa e realista traendo il proprio soggetto dalla Bibbia e dal lirismo mistico di una poesia di Victor Hugo.
All'introduzione della notte e della storia nella sua arte si accompagna un’evoluzione verso un approccio più sintetico che testimonia forse l’influenza esercitata da Puvis de Chavannes.
Quest’ultimo quadro resta incompiuto allorché, nell’agosto 1870, Bazille – probabilmente insoddisfatto – posa i pennelli e decide di arruolarsi nel conflitto franco-prussiano. Sul suo atto di arruolamento volontario del 16 agosto 1870, il giovane dichiara: "Il signor Bazille Jean Frédéric, 28 anni compiuti, professione pittore di storia [...]”.
Etude pour la "Scène d'été", 1869
Paris, musée d'Orsay, conservé au département des Arts graphiques du musée du Louvre.
Don de Frédéric Bazille, neveu de l'artiste, 1948
© RF 29731
Bazille disegnatore
Iniziato al disegno nell’atelier di Baussan a Montpellier prima, in quello di Charles Gleyre a Parigi poi, Bazille usa soprattutto la matita nera e la mina di piombo. Non disegna molto, ma abbozza nei suoi taccuini i paesaggi di Méric, di Aigues-Mortes, il viso dei suoi cari o ancora elementi del suo quotidiano.
L'artista inserisce spesso i suoi schizzi in un bordo rettangolare che materializza quelli che saranno i contorni del quadro.
Bazille pensa innanzitutto come pittore. L’artista prepara le sue grandi tele destinate al Salon con degli schizzi in cui riflette alle grandi linee della composizione e alla disposizione delle figure nello spazio (Riunione di famiglia, Scena estiva). Alcuni dettagli (volti, mani) sono preparati attraverso studi ben precisi.
La composizione disegnata è in seguito sottoposta a quadratura per essere trasposta, ingrandita, sulla tela (L’abito rosa). La breve carriera di Bazille non gli ha permesso di lasciare un ricco corpus di disegni. Eccetto due album donati al Louvre nel 1921 dal fratello dell’artista, possediamo soltanto una decina di fogli.
André Joubin et Marc Bazille devant la nouvelle présentation des tableaux de Frédéric Bazille au musée Fabre., 1919
Documentation du musée Fabre
© Musée Fabre de Montpellier Méditerranée Métropole - photographie Frédéric Jaulmes
“La gloria di Frédéric Bazille comincia appena”
Il 16 agosto 1870, in modo del tutto inaspettato, Bazille si arruola in un reggimento di zuavi. Reale slancio patriottico o gesto suicidario? Volontà di dimostrare ai suoi cari – e a se stesso – il suo valore o mero “passatempo”?
Bazille sembra cogliere l’opportunità di questa avventura militare per risolvere una crisi personale, di cui è traccia nei suoi ultimi quadri.
Dopo alcune settimane in Algeria, il giovane rientra in Francia dove è mandato a combattere con il suo reggimento, prima a Besançon, poi nei pressi di Orléans, a Beaune-la-Rolande. Qui trova la morte durante il suo primo assalto, il 28 novembre 1870.
In quello stesso periodo, Renoir è assegnato a un reggimento di cacciatori, Monet fugge a Londra con la famiglia, Cézanne si nasconde a L'Estaque. Più tardi, Degas e Manet si arruolano a Parigi nella Guardia nazionale.
Nel 1874 si tiene la prima mostra del gruppo impressionista a Parigi; nessun’opera di Bazille vi è esposta. La tragedia del 1870 ha stroncato la vita di Frédéric Bazille inaugurando un periodo sui generis nella storia dell’arte: gli anni verdi dell’Impressionismo.