Joris-Karl Huysmans critico d’arte. Da Degas a Grünewald, sotto gli occhi di Francesco Vezzoli
Huysmans da Degas a Grünewald
Huysmans da Degas a Grünewald
Joris-Karl Huysmans (1848-1907) è noto ai nostri tempi soprattutto per Controcorrente, romanzo pubblicato nel 1884. Tuttavia, per comprendere appieno l’autore e le sue battaglie, sarebbe un errore limitarsi a questo ritratto tragicomico che racconta di un esteta in fuga da un presente tormentato per cercare, invano, di vivere di sole sensazioni artistiche, rare e immorali. Senza voler sminuire il romanziere, è soprattutto l’Huysmans cronista e critico d’arte che ci interessa qui.
Dopo un avvio di carriera discreto, alla fine del Secondo Impero, sarà l’attualità artistica, a partire dal 1876, a catturare sempre più la sua attenzione. Che si tratti del Salon ufficiale o della pittura accademica, o delle esposizioni di “artisti indipendenti”, di Bouguereau, di Manet o degli impressionisti, Huysmans mostra una virulenza e una lucidità che sconvolgono o scandalizzano i suoi contemporanei.
Eppure i suoi libri, quali L'Arte moderna (1883), Tre Primitivi (1905) o ancora Taluni (1889), non riflettono un pensiero prescrittivo, a senso unico, quanto piuttosto le sfumature di un uomo refrattario ai dogmi. Nel 1886, Huysmans dichiara: “In fondo, io sono tanto per l’arte del sogno quanto per l’arte della realtà; ho lanciato Raffaëlli in pittura, così come ho fatto per il suo antipode, Odilon Redon.” Al manicheismo, preferisce i piaceri complementari, sconcertanti, anche quando la difesa dell’arte sacra lo avvicina alla Chiesa.
Insieme ai commissari della mostra, Francesco Vezzoli ha concepito il percorso in tre grandi momenti, associati ad altrettanti spazi definiti da un colore (bianco, rosso e nero), in cui l’artista integra alcune delle sue creazioni, come un omaggio personale all’universo estetico di Huysmans.
La verità non fa mai male
La verità non fa mai male
Dal suo primo articolo, nel 1867, fino ai suoi ultimi scritti, Huysmans descrive l’arte e gli artisti come baluardi eretti contro una società a suo avviso degradata e degradante. Nato e formatosi nell’ammirazione dei vecchi maestri olandesi, raccontò lui stesso della travolgente scoperta di Degas in occasione della seconda mostra impressionista nel 1876.
L’artista dello sconvolgimento godrà di uno status particolare nella sua critica d’arte, così come Manet, Caillebotte, Forain e Raffaëlli. La lezione di Baudelaire, sostenitore dei pittori “della vita moderna”, viene accolta e diventa un vero e proprio credo.
Per l’Huysmans romanziere naturalista, all’epoca vicino a Zola, la pittura deve raccontare la realtà in maniera franca, espressiva, se non addirittura mordente. L’arte “moderna” è la rivelazione della verità. Al contrario, le opere di Cabanel e Gérôme, definite come “flaccide e slavate”, o quelle di Bouguereau restano l’espressione alienata di un’arte ritenuta edulcorata, falsa e nefasta.
Bianco.
Questo spazio, concepito come un "white cube", caratteristico dell’arte contemporanea, proietta la lucidità dell’Huysmans critico d’arte nella nostra epoca. Simboleggia quel momento in cui le opere si elevano a capolavori e lo scrittore a profeta.
Uno specchio a due facce
Uno specchio a due facce
Da Controcorrente (1884) a Taluni (1889) si afferma il desiderio di trasgredire i limiti imposti dal naturalismo militante degli anni precedenti: al materialismo psicologico, Huysmans preferisce un fisiologismo e uno psicologismo pessimisti, nonché un principio di spiritualismo, che associa dapprima all’opera di Gustave Moreau e di Odilon Redon, poi a quella di Grünewald.
L’Apparizione di Moreau, che scopre al Salon del 1876, fu una rivelazione. In una geniale rivisitazione del Vangelo di Matteo, il tema della lussuria insaziabile diffonde, in piena polemica impressionista, il manifesto di una pittura della soggettività e del mistero.
L’imperativo della verità proprio del naturalismo persiste, secondo Huysmans, attraverso l’interiorizzazione. Dipingere sinceramente il presente e farne astrazione non è considerato una contraddizione. Des Esseintes, l’eroe del romanzo Controcorrente, può anche scegliere di ritirarsi prendendo le distanze dai pittori della vita moderna, ma il realismo non è estraneo alla seduzione che esercitano su Huysmans le Armonie di Whistler o i Disastri di Goya.
A questo pantheon alternativo, Redon apporta, dal 1882, la luce nera di una fantasticheria senza limiti.
Rosso.
La casa di Des Esseintes, immaginata da Huysmans in Controcorrente, ispira uno dei suoi emuli italiani, Gabriele D'Annunzio, che la ricrea nella sua villa. La carta da parati fotografica di questa sala evoca tale trasposizione architettonica. Al centro di questo universo fantomatico spicca un’altra figura mitica del romanzo ricreata da Francesco Vezzoli: una tartaruga, la cui morte simboleggia la fine dell’utopia decadente.
Dal culto dell’arte all’arte del culto...
Dal culto dell’arte all’arte del culto...
La formula, intrigante ma ingannevole, oppone due posizioni estetiche che non furono mai così nette in Huysmans. Lo scrittore naturalista, l’ironico cantore dello spirito decadente e il tardivo convertito al cattolicesimo, che si scopre fervente avvocato della dimensione spirituale nell’arte, sono inseparabili.
Degas e Grünewald non incarnano i limiti di una lenta regressione, che il lavoro della Grazia avrebbe contribuito a interrompere. Nella rivalutazione che ne propone lo scrittore agli albori di un Novecento disprezzato quanto il secolo precedente, l'Altare di Isenheim, datato all’inizio del Cinquecento, risponde al bisogno di un “naturalismo spiritualista” rivendicato dai primi anni ‘90 dell’Ottocento.
Come la Piccola danzatrice di Degas richiama per lui il Cristo iperrealista della cattedrale di Burgos, la Crocifissione di Grünewald coniuga con il suo realismo la dimensione soprannaturale propria di Redon o Rops.
L’originalità, virtù cardinale di ogni processo estetico, comporta una promozione dell’originale. Una nuova arte sacra era possibile nella memoria dei Primitivi? Huysmans, vicino a Dulac e a qualche altro artista cristiano, ha voluto credere che fosse così.
Nero.
In un’atmosfera evocatrice di una cappella, l’installazione di Francesco Vezzoli fa percepire l’esperienza della conversione vissuta da Huysmans e quella dell’Incarnazione, finalità tanto estetica quanto religiosa.