La fotografia al volgere del secolo dal Pittorialismo ad Eugène Atget
Modèle retirant sa blouse dans l'atelier parisien de Bonnard, vers 1916
Musée d'Orsay
1985, acquis par les Musées nationaux (comité du 13/12/1985)
© Musée d’Orsay, Dist. RMN-Grand Palais / Patrice Schmidt
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La fotografia di fine Ottocento
La semplificazione della tecnica è l'elemento determinante del cambiamento radicale che avviene nella pratica della fotografia alla fine del XIX secolo.
La messa a punto, sin dal 1871, di lastre al collodio secco, seguite dalla comparsa di quelle alla gelatina bromuro di argento per i negativi, e della carta aristotipica per le stampe, che viene acquistata pronta per l'uso, segnano le prime tappe di questa rivoluzione.
Femme nue ouvrant une porte (Florence Peterson), entre 1909 et 1910
Musée d'Orsay
© photo musée d'Orsay / RMN / DR
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Verso il 1888, vengono immessi sul mercato apparecchi fotografici di piccole dimensioni (quello prodotto da Kodak è il più famoso) che si tengono in mano, con un rullino di pellicola a cui fa seguito la lastra autocroma, anche questa venduta pronta per essere usata. La fotografia è oramai accessibile a un milione di suoi appassionati che la praticano a livello amatoriale e che non devono più, come avveniva in precedenza, dedicare molto del loro tempo e delle loro energie a questo "passatempo" che si può praticare anche senza avere una perfetta conoscenza della tecnica.
Le pellicole morbide su gelatina degli apparecchi portatili sono ancor più fotosensibili rispetto ai negativi su vetro e permettono di scattare, all'aperto, una vera e propria istantanea, in un quarantesimo di secondo. Queste nuove possibilità offerte dalla tecnica - senza dimenticare l'estrema mobilità dell'apparecchio che consente oramai di adottare i punti di vista più disparati - sanciranno la nascita di una nuova estetica dell'istantanea, che è una delle caratteristiche della fotografia di fine secolo.
Hortense Howland, en 1895
Musée d'Orsay
© Musée d’Orsay, Dist. RMN-Grand Palais / Patrice Schmidt
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Diversi tipi di fotografi amatoriali
Henri Lemoine incarnò il tipico fotografo della domenica. Le centinaia di scatti che il museo ha acquisito dai suoi discendenti, ci mostrano di Lemoine l'immagine di uno spettatore curioso della vita del suo tempo. A fine Ottocento, molti di coloro praticarono la fotografia a livello amatoriale, erano dei veri e propri artisti, soprattutto pittori, scultori, incisori. Inizialmente, gli artisti interessati alla fotografia, si rivolgevano, per mancanza di tempo, ad un assistente che li aiutava nella disposizione delle scene. D'ora in poi, però, essi non hanno più bisogno di aiuto e scattano da soli le loro fotografie.
La tour Eiffel - Trois ouvriers et quatre visiteurs sur la dernière plate-forme, 1889
Musée d'Orsay
Don Henriette Guy-Loé et Geneviève Noufflard, 1986
© Musée d'Orsay, dist. RMN-Grand Palais / Patrice Schmidt
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L'antiquario Félix Thioller, amico di numerosi pittori, pur non essendo un artista", dimostra una notevole originalità nella scelta dei suoi soggetti e nel modo in cui questi sono trattati. il pittore Emile Bernard e lo scultore François Rupert Carabin ricorrono ad una tecnica e ad una visione di stampo tradizionale. Con questa stessa tecnica, Edgar Degas, di cui esponiamo il Portrait d'Hortense Howland [Ritratto di Hortense Howland], di recentissima acquisizione, costruisce sapientemente le sue immagini e la loro illuminazione.
Invece, i nabi Pierre Bonnard e Edouard Vuillard che nel corso dell'ultimo decennio del XIX secolo dipingevano scene ispirate soprattutto a stampe giapponesi, hanno adottato con estrema naturalezza, utilizzando questi piccoli apparecchi Kodak, la nuova prospettiva in aplat, fuori centro, le figure tagliate tipiche della visione istantanea. L'incisore Henri Rivière che per primo in Europa ha praticato, usando la stessa tecnica dei giapponesi, l'incisione su legno, nelle sue istantanee parigine dimostra di avere altrettanta inventiva.
La danseuse Ruth Saint Denis, entre 1906 et 1909
Musée d'Orsay
© Musée d’Orsay, Dist. RMN-Grand Palais / Patrice Schmidt
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il movimento pittorialista
Il pittorialismo è un movimento nato in Europa, per impulso di fotografi come Henry Peech Robinson, Oscar Rejlander, ma soprattutto Peter Henry Emerson, che concepivano la fotografia amatoriale come una forma artistica />
Costoro oltre ad essere fotografi amatoriali assolutamente contrari alla commercializzazione dei loro scatti, sono anche tecnici di comprovata esperienza, proprio come tutti quelli che seguiranno le loro orme: il viennese Heinrich Kuehn, il tedesco Adolf de Meyer, i francesi Français Robert Demachy e Constant Puyo. Ad eccezione di Emerson, tutti i fotografi citati utilizzano un apparecchio portatile, ingrandiscono le copie delle loro fotografie e le rielaborano servendosi della gomma bicromatata in modo da conferire loro un aspetto pittorico.
Jeune fille couchée dans sa chambre, vers 1900
Musée d'Orsay
photo musée d'Orsay / rmn © photo musée d'Orsay / rmn / DR
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La parola d'ordine di questi fotografi era la fuga dalla realtà documentaria il che significava adottare una messa a punto appena sfocata. Le loro immagini furono spesso dettate da un'ispirazione simbolista.
In America il pittorialismo diede luogo ad una produzione vivace, tipica di alcuni fotografi come Alfred Stieglitz, Edward Steichen, Clarence Hudson White, i quali fanno parte del gruppo "Photo Secession" fondato nel 1902. Le stampe delle loro fotografie, pubblicate sulla rivista Camera Work, sono una testimonianza della qualità, raggiunta in quel periodo, dai processi di riproduzione fotomeccanica (eliotipia, fotoincisione) che svolsero un ruolo di primo piano nella diffusione della fotografia pittorialista.
Rue de la Parcheminerie, March 1913, entre 1913 et 1927
Musée d'Orsay
droit réservé - photo musée d'Orsay / rmn / DR
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Dopo aver esercitato il mestiere di attore, Atget si cimentò nella pittura per poi darsi alla fotografia che praticò da artigiano, concentrandosi più sul modo di concepire il suo lavoro che sulla tecnica, alquanto banale (per le sue stampe, Atget utilizzava lastre di vetro e svariati tipi di carta, ma niente di eccezionale). Pur non lavorando su commissione, egli riuscì comunque a crearsi una rete di clienti abituali composta da illustratori, storici dell'architettura, artisti e collezioni pubbliche (musei e biblioteche).
Nel lavoro di Atget, l'aspetto che subito colpisce è il progetto stesso dell'artista che consiste nella raffigurazione di tutta la vecchia Parigi e dei suoi dintorni. L'artista realizza questo suo progetto in modo sistematico fotografando le strade da svariate angolature (in questo caso le diverse vedute della rue de la Parcheminerie, facenti parte di un album sul quartiere della chiesa di Saint Séverin). Nel caso degli hotel (Hôtel Le Charron), Atget procede per gradi, dall'insieme al dettaglio, dalla facciata al cortile, dalla porta al batocchio, dalle scale, delle quali mostra in dettaglio la ringhiera, agli spazi interni e ai disegni delle boiserie, etc. Oltre a questo grandioso progetto, Atget aveva una visione del tutto personale, in perfetta empatia con il suo soggetto, esattamente come Marville prima di lui. Atget, inoltre, rinnovò il modo di fotografare, con un obiettivo a distanza focale corta che permette un'apertura degli spazi e un punto di vista sistematicamente alto.
Per concludere, se i fotografi pittorialisti hanno realizzato grandi capolavori e se alcuni di loro, dopo la guerra, sarebbero diventati grandi artisti, alla fine dell'Ottocento, è proprio un fotografo "documentario del calibro di Atget" che fu considerato, dai surrealisti, da un grande esperto d'arte moderna come il gallerista newyorkese Julien Lévy e dal fotografo Walker Evans, come la figura di riferimento del XX secolo.