Rousseau il Doganiere. Il candore arcaico.
Introduzione
Introduzione
Sarebbe vano voler etichettare in qualche modo il lavoro di Henri Rousseau: come il suo percorso artistico, anche la sua pittura è estremamente singolare.Nato in una modesta famiglia originaria di Laval, Rousseau è un pittore autodidatta, descritto dai suoi primi biografi come un “pittore della domenica”.
A lungo impiegato al dazio comunale di Parigi (da cui il soprannome approssimativo di “Doganiere”, attribuitogli dall’amico Alfred Jarry), comincia a dipingere verso l’età di quarant’anni. Privo di formazione accademica, cerca di assimilare i codici della pittura ufficiale a contatto con pittori come Gérôme e Clément, vicino ai quali abita per un periodo, o ancora Bouguereau, di cui ammira il “color carne”.
Nel 1884, ottenuta l’autorizzazione ad eseguire delle copie al Louvre, l’apprendista pittore si reca anche al museo del Lussemburgo e a Versailles.
Rousseau non segue tuttavia altre regole a parte le proprie, trasformando la pittura liscia degli accademici in un linguaggio singolare dagli accenti onirici. Ben consapevole dell’originalità della sua arte, si sforza di conservarne l’apparente ingenuità, acquisita, secondo le sue stesse parole, attraverso “un lavoro ostinato”.
D’altronde, ciò che colpisce nella sua opera è questa costanza nella maniera, e la coerenza nello stile una volta ottenutane la padronanza.
La singolarità dell’opera di Henri Rousseau ne fa uno dei casi più interessanti della storia dell’arte, a cavallo tra due secoli: è figlio del XIX secolo o piuttosto uno dei protagonisti del XX? Il dibattito resta aperto.
Per porre la domanda sotto una nuova luce, questa mostra si propone di confrontare la sua pittura con alcune delle sue fonti d’ispirazione e di farle dialogare con opere di artisti che l’hanno guardata con i propri occhi. I primi ad interessarsi alla sua opera sono stati infatti i padri dell’avanguardia (scrittori, poeti, pittori...), forse per via del suo carattere “atemporale”: svincolandosi dai vincoli della prospettiva e servendosi di un linguaggio pittorico realista per trascrivere sulla tela un’immagine mentale, Rousseau ha costruito un’opera che è stata per numerosi artisti una base da cui partire per elaborare una sintassi nuova.
Picasso, Delaunay, Léger, così come gli artisti dell’avanguardia italiana e tedesca, con Kandinsky in primis, oltre ad ammirare l’opera di Rousseau, fonte d’ispirazione per il loro lavoro individuale, l’hanno anche collezionata.
Ritratti-Paesaggi
Ritratti-Paesaggi
Rousseau dipinge Io. Ritratto-Paesaggio per il Salone degli indipendenti del 1890. Come per un ritratto ufficiale, si rappresenta in piedi, contratto in un abito nero con l’occhiello messo in risalto da una medaglia (le tanto agognate palme accademiche?).Col basco calcato sulla testa, tiene orgogliosamente in mano tavolozza e pennello. Il veliero imbandierato, il pallone che naviga tra le nuvole e la stessa torre Eiffel, apparsa un anno prima nei cieli di Parigi, sembrano celebrare tanto la gloria quanto la modernità del pittore.
Rousseau si proclamerà, qualche anno dopo, l’inventore del “ritratto-paesaggio”. Nel Ritratto del signor X, l’uomo con in testa un turbante rosso si staglia su uno sfondo en plein air, in cui si ergono delle curiose ciminiere: ai paesaggi agresti dei ritratti rinascimentali di cui riprende l’impostazione, il pittore sostituisce la rappresentazione della trasformazione industriale in atto all’inizio del Novecento.
Fernand Léger incontra Rousseau nel 1909 tramite Robert Delaunay. Grande ammiratore della sua opera, ne Il meccanico (1918), Léger rende esplicitamente omaggio al suo Ritratto del signor X: in colui che Apollinaire amava chiamare il “maestro di Plaisance”, egli vedeva il degno rappresentante di un “realismo di concezione”, di cui scorgeva le origini fin nell’arte dei primitivi italiani.
Léger non è l’unico pittore ad aver cercato nei ritratti di Rousseau una nuova via verso la modernità; basti pensare che il Ritratto dell’artista con una lampada e il suo corrispettivo, raffigurante la seconda moglie di Rousseau, sono a lungo appartenuti a Delaunay prima di essere acquistati da Picasso.
L’innocenza arcaica
L’innocenza arcaica
Nelle opere di Rousseau si mescolano innocenza e audacia, arcaismo e innovazione.
Durante tutta la sua carriera, il pittore ha realizzato i ritratti dei suoi cari, amici artisti o semplici vicini del quartiere popolare di Plaisance: era solito misurare con precisione il viso dei suoi modelli aiutandosi talvolta con il pantografo, un apparecchio che permette di riprodurre le forme rispettando le proporzioni. Ha inoltre lavorato a partire da negativi fotografici: così, gli otto personaggi de Le nozze (1905), e persino il cane al loro seguito, presentano dei tratti ben caratteristici pur sembrando delle figure prive di profondità.
Per Il calesse di parà Junier, l’artista s’ispira ancora una volta a una foto scattata durante una passeggiata con gli amici. Rivisitando la vegetazione, disponendo a piacere i personaggi, sovverte con nonchalance le leggi della prospettiva tradizionale e allinea i modelli in posizione frontale.
Repubblicano convinto, Rousseau manifesta in composizioni ambiziose le proprie convinzioni di cittadino. I rappresentanti delle potenze straniere vengono a salutare la Repubblica in segno di pace (1907) riunisce simbolicamente gli Stati più grandi attorno a una Repubblica in toga e berretto frigio.
Donne monumenti
Donne monumenti
Sebbene l’opera di Rousseau non abbondi di ritratti individuali in piedi, il pittore realizzò tuttavia alcune rappresentazioni di figure femminili dai tratti massicci e scultorei poste in uno scenario strano e simbolico.La sua Fanciulla in rosa spicca su uno sfondo bidimensionale con una frontalità disarmante.
Si è proposto di riconoscere in questa giovane Charlotte Papouin, figlia di uno scalpellino amico di Rousseau, a cui sembrano alludere i blocchi di calcare sparpagliati ai suoi piedi.
Le figure femminili dipinte intorno al 1895 sembrano entrambe realizzate a partire da fotografie scattate in studio.
Il Ritratto della signora M. potrebbe essere il ritratto postumo della prima moglie di Rousseau, Clémence Boitard, scomparsa nel 1888, mentre il Ritratto di donna sarebbe il risultato di un lavoro su commissione ispirato a una fotografia: il tendaggio sulla sinistra ricorda infatti quello degli studi fotografici.
Questo quadro non dovette soddisfare il suo primo proprietario: pare infatti che Picasso lo abbia acquistato da un rigattiere nel 1905 per la modica somma di cinque franchi. Tuttavia, ebbe più successo in seguito, poiché fu presentato durante il famoso banchetto organizzato dal maestro spagnolo al Bateau-Lavoir nell’autunno 1908 per rendere omaggio a Rousseau.
Infanzie crudeli
Infanzie crudeli
Seppure rari nella produzione di Rousseau, i ritratti di bambini sono tuttavia tra le immagini più ansiogene e affascinanti che l’artista abbia dipinto. Ai suoi occhi, l’universo infantile non è né allegro né spensierato: presentati in pose rigidamente frontali, con paesaggi immobili sullo sfondo, i suoi modelli fissano lo spettatore con uno sguardo da adulti, malinconico e inquietante.In Per festeggiare il bambino!, Rousseau usa, come il più delle volte, una prospettiva “gerarchica”. La marionetta appare troppo grande accanto a un bambino reso di per sé imponente dalla sproporzione delle gambe. Il soggetto diventa così una specie di totem enigmatico posto tra un albero in fiore e dei rami spogli, entrambi presagi dell’avvenire.
Lo stesso sentimento di inquietudine si ritrova ne La bambina con la bambola: qui, una ragazzina vestita di rosso appare sullo sfondo di un prato verde cosparso di piccoli fiori. La prospettiva semplificata ricorda le opere dei primitivi italiani come Paolo Uccello. Immersa in una solitudine a cui la bambola non sembra porre rimedio, questa figura ci comunica una sensazione di estraneità che l’artista accentua con degli “errori” anatomici: il modello è praticamente privo di collo e le gambe appaiono di profilo nonostante la posizione frontale.
Opere eccentriche tra i numerosi ritratti di bambini realizzati sul finire del secolo, queste immagini esercitarono un fascino duraturo su molti artisti, tra cui Carlo Carrà e Pablo Picasso. In Maya con la bambola, per esempio, il maestro spagnolo sembra ispirarsi esplicitamente al Doganiere, rappresentando sua figlia come isolata in un dialogo muto con il proprio giocattolo.
De Rerum Natura
De Rerum Natura
Rousseau ha rappresentato i temi più tradizionali della pittura in modo estremamente poetico, restituendo al nostro sguardo l’essenza lirica delle cose comuni. Le sue nature morte si allontanano dalle ricerche formali che, a partire da Cézanne, avevano fatto di questo genere uno dei soggetti preferiti degli artisti dell’avanguardia, in particolare Picasso e i pittori cubisti.
La rappresentazione bidimensionale, l’esattezza del disegno e la ripetizione ritmica dei motivi trasformano le composizioni floreali accuratamente “disposte” in immagini a forte valenza decorativa. La ricchezza e la precisione dei dettagli rimandano inoltre alla lussureggiante vegetazione delle giungle dipinte da Rousseau.
La natura è osservata con occhi puri e incantati che sembrano anticipare la visione limpida dei principali rappresentanti del Realismo magico italiano, come Antonio Donghi, o della Nuova oggettività tedesca. Così, le composizioni piatte e l’arcaismo di Rousseau riecheggiano nei quadri di gioventù del pittore italiano Giorgio Morandi, grande ammiratore della sua opera.
Wilhelm Uhde, il primo biografo del Doganiere, ha colto bene il valore “lirico” di queste creazioni. Ecco cosa scrive nella sua monografia del 1911: “Rousseau è come un bambino di fronte alla natura. Per lui, essa è ogni giorno un evento nuovo di cui ignora le leggi. Dietro ogni fenomeno, egli scorge qualcosa d’invisibile che ne è in un certo senso l’essenza”.
La stranezza dei luoghi
La stranezza dei luoghi
Il Doganiere Rousseau ha iniziato a dipingere paesaggi quando lavorava ancora al dazio comunale e non ha mai abbandonato questo soggetto: innamorato di Parigi e dei suoi dintorni, le passeggiate gli offrivano l’occasione per compiere degli studi sul motivo, ma lavorava anche a partire da cartoline e fotografie.Lontano dalle ricerche intraprese dagli impressionisti, che miravano a cogliere i valori atmosferici e le loro continue variazioni, i paesaggi dipinti da Rousseau sono come cristallizzati in una dimensione immobile e popolati da personaggi anonimi che sembrano sottrarsi a qualsiasi legge della prospettiva.
Sono questi gli spettatori silenziosi delle trasformazioni prodotte dal progresso: aeroplani, dirigibili o mongolfiere sorvolano le sue vedute della periferia parigina, commovente omaggio dell’artista alla modernità.
Affascinato dalle prodezze della nascente aviazione, egli mostra ne I pescatori con la lenza il biplano a bordo del quale Wilbur Wright aveva effettuato, nel 1908, i suoi primi voli in Francia.
L’immagine è ridotta all’essenziale, semplificata secondo il modello delle illustrazioni apparse nella stampa popolare. La sensazione di stupore è accentuata dai tratti tipici dello stile di Rousseau: frontalità, nitidezza nella costruzione dei piani, precisione del disegno, prospettiva sfalsata.
Il senso di stranezza percepito dinanzi a queste vedute della periferia si trasforma in inquietudine in Una nave da sogno nella tempesta, immagine tanto primitiva quanto spaventosa, che fa pensare agli antichi ex voto marinari.
La Guerra
La Guerra
Quando Rousseau presenta La Guerra al Salone degli indipendenti del 1894, l’assoluta originalità del dipinto non lascia indifferente il pubblico. Pur ammirando l’arte accademica del suo tempo, qui il pittore si riallaccia al genere allegorico e, con una composizione rigorosamente scissa in due registri orizzontali, ritrova la forza simbolica dell’Uguaglianza davanti alla morte del suo predecessore Bouguereau.A pochi anni dalla guerra franco-prussiana del 1870-1871, abbondavano le rappresentazioni personificate del conflitto, ma lo stile caratteristico di Rousseau fa emergere l’irrealtà della scena. Alla sua prima presentazione, l’opera suscita sarcasmo e condiscendenza per la goffaggine della tecnica impiegata, il che non impedisce tuttavia a Louis Roy, un giovane pittore all’epoca critico al Mercure de France, di lodare questo “coraggioso tentativo in direzione del simbolo” e la sua “stranezza” innovativa.
È grazie al suo profondo senso della sintesi che Rousseau raggiunge una simile forza simbolica. La Guerra, donna senza età, col viso contratto in una smorfia, brandisce spada e fiaccola fumante mentre cavalca all’amazzone un cavalo alato. Plana su un paesaggio desolato, oltre che su un cumulo di cadaveri maschili. Priva di elementi aneddotici o narrativi, la composizione del quadro si avvicina maggiormente a quella all’icona. D’altronde, pare che Rousseau si sia ispirato a un’incisione di giornale raffigurante un romanzo a puntate intitolato Lo zar. Le forme stilizzate, la prospettiva irrealistica e i colori piatti sono altrettanti elementi tratti dall’iconografia popolare.
Con la sua forza metaforica e l’assenza totale di qualsiasi indicazione storica, quest’opera è tra i maggiori manifesti pittorici contro la guerra.
Il Blaue Reiter
Il Blaue Reiter
Nei primi anni del Novecento, il movimento tedesco del Blaue Reiter (Cavaliere blu) propone, sotto la guida di Wassily Kandinskij, Franz Marc e soprattutto Paul Klee, di rinnovare l’arte attraverso un ritorno alle origini.Pur orientandosi rapidamente verso l’astrazione, il gruppo formatosi a Monaco vede in Rousseau uno dei suoi precursori.
Kandinskij scopre la sua opera già nel 1906-1907, quando si reca a Parigi con la sua compagna, Gabriele Münter. Qualche anno più tardi, acquista due tele del pittore: Il pittore e la modella (1900-1905) e Il cortile (qui esposta), che Kandinskij presenterà nel 1911 in occasione della prima mostra del Blaue Reiter (galleria Tannhäuser, Monaco).
Nel marzo 1912, il gruppo pubblica un almanacco in cui la ricchezza delle illustrazioni mira a presentare i diversi aspetti dell’arte delle origini ricercata dal movimento monacense. Al suo interno, troviamo un saggio di Kandinskij intitolato Über die Formfrage (Sulla questione della forma) e illustrato con sette opere di Rousseau, accanto ad opere figurative tratte dalla tradizione realista e popolare.
L’almanacco presenta inoltre una riproduzione del Ritratto di Kandinskij di Gabriele Münter, in cui la semplificazione dei lineamenti e la vivacità della gamma cromatica sembrano dialogare con l’opera del Doganiere.
Uno scorcio di Paradiso
Uno scorcio di Paradiso
Oltre ai famosi quadri di giungle, Rousseau ha dipinto numerose immagini ispirate a un mondo primitivo, un paradiso perduto dalla natura intatta.In Eva, il personaggio biblico prende la mela offertagli dal serpente: il tramonto, allusione alla perdita dell’innocenza, ci ricorda che il paradiso si trasformerà presto in una giungla selvaggia.
L’incantatrice di serpenti, quadro commissionato dalla madre di Robert Delaunay in seguito a un viaggio in India, rimanda anch’esso a un mondo primitivo: una figura androgina dalla pelle nera ammalia, con la melodia del flauto, i serpenti e la natura circostante. Tra le creazioni più affascinanti e misteriose di Rousseau, quest’opera ha ispirato molte generazioni di artisti, in particolare i surrealisti: Victor Brauner, che occupa negli anni ’40 quella che un tempo era stata la bottega del Doganiere, gli ha reso omaggio ne L’incontro di rue Perrel, n°2 bis.
In modo analogo, Il sogno, ultimo quadro presentato da Rousseau al Salone degli Indipendenti del 1910, è servito da fonte d’ispirazione ad artisti come Paul Delvaux o Max Ernst, il quale segue la stessa vena onirica nel suo Giardino popolato di chimere.
Qui, l’enigmatica Yadwigha (così chiamata dallo stesso Rousseau) appare nuda, distesa su un divano Louis-Philippe, nel bel mezzo di una foresta lussureggiante, circondata da animali esotici e da uno strano “incantatore nero”. Visione favolosa e senza tempo, questo quadro è l’estremo omaggio di Rousseau a un paradiso perduto che non smise mai di ossessionare i suoi sogni.
La parata selvaggia
La parata selvaggia
Pur non avendo mai lasciato Parigi, Rousseau ha dato corpo a tutto un mondo esotico nei suoi quadri di “giungle”: queste visioni fantastiche, sospese tra sogno e realtà, restano la sezione più nota della sua produzione.Affascinato dai racconti di viaggio dei suoi compagni di artiglieria tornati dalla spedizione in Messico e dai padiglioni dell’Esposizione universale del 1899, egli ha saputo inventare un universo magico e misterioso, traendo ispirazione dalle sue frequenti visite al Jardin des Plantes e al Museo nazionale di storia naturale, o ancora dagli album di immagini esotiche ampiamente diffusi come l’Album delle bestie selvagge pubblicato a inizio Novecento dalle edizioni delle Galeries Lafayette.
Tutte queste influenze hanno alimentato tele ricche di dettagli, dal cromatismo intenso, in cui coesistono motivi realistici ed invenzioni fantastiche.
Oltre a scene di combattimento tra animali selvaggi, metafora dell’incessante lotta per la sopravvivenza (Il leone affamato, Cavallo attaccato da un giaguaro), il Doganiere ha dipinto visioni idilliache (La cascata, Foresta tropicale con scimmie) intrise di quella nostalgia per un paradiso perduto dalla natura intatta.
L’iconografia rimane talvolta enigmatica: così, nei Allegri burloni, sono rappresentate due scimmie in mezzo a una giungla rigogliosa con una bottiglia di latte rovesciata e un grattaschiena, due oggetti dal significato oscuro.
A giusto titolo, scriveva Apollinaire ne Le serate di Parigi nel 1914: “Rousseau è indubbiamente il più strano, il più audace e il più affascinante tra i pittori dell’esotismo”.