Neri parigini. Glenn Ligon
Des Parisiens noirs au musée d'Orsay, 2019
© Musée d'Orsay / Sophie Crépy
Il progetto Neri parigini è costituito da dodici neon di grandi dimensioni che mettono in evidenza il nome di modelli, artisti e scrittori presenti in importanti opere d’arte francesi dell’Ottocento e di inizio Novecento.
Alcuni di questi personaggi sono ben noti al grande pubblico (Josephine Baker e Alexandre Dumas padre per esempio), mentre altri, come Laure, che posò per la serva dell'Olympia di Edouard Manet, restano relativamente ignorati. Pur essendo una figura centrale di una delle più importanti opere di Manet, il nome Laure è a tutt’oggi sconosciuto e il più delle volte la sua presenza è a malapena menzionata nei numerosi lavori compiuti su quest’opera.
Questa "invisibilità così visibile" è il destino di molte figure nere dell’arte francese. Neri parigini rappresenta dunque un tentativo di rimediare a tale situazione mettendo “in luce” il nome di Laure, tra i tanti altri. I nomi riprodotti al neon bianco sono stati realizzati a partire dalla grafia dei modelli stessi o da quella degli artisti per i quali posavano o, in alcuni casi, da artisti e/o amici vicini a Glenn Ligon.
Successivamente sono stati ingranditi e montati su dei supporti di alluminio per essere installati sulle torri in fondo alla navata centrale del museo, risultando così visibili da molte angolazioni.
Insieme ai dodici nomi apparirà l’espressione nom inconnu (nome ignoto), resa anch’essa sotto forma di una scritta al neon e posta su una delle torri, per rendere ugualmente omaggio a tutti coloro che finora non è stato possibile identificare.
Glenn Ligon (nato nel 1960) vive e lavora a New York. Ha al suo attivo diverse mostre monografiche tenutesi in luoghi come: Camden Arts Centre, Londra (2014-15); Whitney Museum of American Art, New York (2011); The Power Plant, Toronto (2005); The Studio Museum in Harlem, New York (2001); Kunstverein, Monaco (2001); Walker Art Center, Minneapolis (2000); Institute of Contemporary Art, Philadelphia (1998). La sua opera è stata inserita in Documenta11 (2002), in due biennali del Whitney (1991, 1993) e nell’All the World's Futures alla 56° Biennale di Venezia (2015). Tra i suoi recenti progetti curatoriali si citano Blue Black alla Pulitzer Arts Foundation (2017) e Encounters and Collisions, sviluppato in collaborazione con il Nottingham Contemporary e il Tate Liverpool (2015).
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