Temple à la Pensée, dédié à Beethoven, vue en cours de construction

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François Garas
Temple à la Pensée, dédié à Beethoven, vue en cours de construction
entre 1897 et 1914
plume, encre et aquarelle sur papier
H. 53,0 ; L. 37,7 cm.
Achat, 2002
© Musée d’Orsay, Dist. RMN-Grand Palais / Patrice Schmidt
François Garas
Temple à la Pensée, dédié à Beethoven, vue en cours de construction
entre 1897 et 1914
plume, encre et aquarelle sur papier
H. 53,0 ; L. 37,7 cm.
Achat, 2002
© Musée d’Orsay, Dist. RMN-Grand Palais / Patrice Schmidt
François Garas (1866 - 1920)
Artwork not currently exhibited in the museum

Le opere di François Garas, turbolente ed inquiete, frutto di una travolgente e fervida immaginazione, cercano di tradurre in campo architettonico idee, sensazioni o ritmi musicali. Questo singolare e misterioso architetto compie i suoi studi alla Scuola delle Belle-Arti, dove stringe rapporti di amicizia con Tony Garnier e consegue il diploma nel 1894 decidendo, però, di non esercitare la professione di architetto in quanto troppo pragmatica. Prende parte, assieme a Henry Provensal, Gabriel Guillemonat ed Henri Sauvage, ad una mostra di architetti che non vogliono piegarsi alle regole, intitolata Impressioni di architetti organizzata nel 1876 e diretta da Frantz Jourdain. Quest'ultimo, tenta di "fare a pezzi i vecchi modelli", di lottare contro "l'asservimento cerebrale prodotto dallo studio esclusivo dell'architettura greca e romana e dalla sola conoscenza della pittura italiana".
A partire dal 1897 e fino al 1914, partecipa al Salon della Società Nazionale delle Belle –Arti, presentando progetti sempre più onirici, [lienCommentaire:105597]Interni di artist[/lienCommentaire]i in cui vengono evocati i laboratori degli alchimisti e, soprattutto, Templi per le religioni future dedicati a Beethoven, Wagner, la Vita, la Morte, Il Pensiero. Il suo pantheon personale celebra i due musicisti al pari di Edgar Poe e Charles Baudelaire, John Ruskin, Edouard Manet o Jean Carriès. Da quel momento in poi, Garas si fa notare ad ogni Salon e, nel 1899, strappa le lodi di Arsène Alexandre, uno dei critici più temuti dell'epoca nell'ambito dell'architettura, giornalista del quotidiano Le Figaro: "A Campo di Marte, in fatto di opere veramente nuove non c'è nulla eccetto un formidabile e prestigioso progetto riguardante un tempio realizzato da Garas".
Consacrando la sua esistenza al culto del Bello, dell'Arte e dell'Assoluto, Garas abbandona definitivamente la professione di architetto nel 1913. Sfortunatamente però, sopraffatto da problemi materiali è costretto ad occuparsi della fabbrica di laterizi fondata dal padre. Il museo possiede quasi tutta l'opera ideista di questo singolare artista.

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