Florence
Lucien Lévy-Dhurmer
(1865 -
1953)
Artwork not currently exhibited in the museum
Questa graziosa figura di donna è di certo una personificazione di Firenze. La giovane tiene in una mano un giglio rosso, simbolo della città toscana e nell'altra lo stemma dei Medici. Lévy-Dhurmer, inoltre, ha inserito sullo sfondo una veduta della città: sulla sinistra si riconosce il tipico profilo del palazzo della Signoria, e, sulla destra, quello del Duomo e del Campanile.
Sul finire del XIX secolo, Firenze è diventata una meta imperdibile per i pellegrini a corto di sensazioni artistiche. Questo grande entusiasmo per il capoluogo toscano si collega con la tradizione del "Grand tour", un lungo viaggio che, nel XVII ma soprattutto nel XVIII secolo, veniva intrapreso dai giovani appartenenti ai ceti sociali europei più abbienti. Questa pratica è di certo molto conosciuta e di gran moda anche presso i primitivi italiani e i preraffaelliti inglesi. Evocando Firenze tramite le fattezze di una giovane donna il cui sorriso ricorda molto la Gioconda, con una nota più languida, Lévy-Dhurmer si colloca dunque, a pieno titolo, in questo clima di estetismo di fine secolo che ben si adatta alla sua arte colta e raffinata.
Al di là di tutti questi riferimenti, tuttavia, si cela anche un ritratto: senza dubbio quello di Thérèse Vitali (1866-1940) che, nel 1888, in virtù delle nozze con Raymond de Beauchamp, assume il titolo di contessa. Facendo di questa donna un' incarnazione di Firenze, Lévy-Dhurmer evoca certamente le sue origini italiane e, forse, il suo attaccamento alla casa che il padre aveva da poco acquistato a Cannes, ovvero villa Fiorentina.
La corona di alloro che cinge il capo della donna riveste un duplice significato. L'éternità e il lutto per prima cosa: nel maggio del 1897, Thérèse era scampata allo spaventoso incendio del Bazar de la Charité nel quale trovarono la morte molti componenti della sua famiglia. I cipressi sullo sfondo ricordano, appunto, la presenza minacciosa della morte. La corona di alloro, inoltre, che è altresì un attributo di Apollo, allude al ruolo di mecenate esercitato dalla nobildonna. Alla stregua dei Medici, Thérèse de Beauchamp ha la passione per le opere edificate: la contessa si distinguerà finanziando, per tutta la vita, la costruzione di in gran numero di edifici. Lévy-Dhurmer realizza in questo caso un vero e proprio ritratto allegorico che va bel oltre la semplice rappresentazione delle fattezze della modella.
Sul finire del XIX secolo, Firenze è diventata una meta imperdibile per i pellegrini a corto di sensazioni artistiche. Questo grande entusiasmo per il capoluogo toscano si collega con la tradizione del "Grand tour", un lungo viaggio che, nel XVII ma soprattutto nel XVIII secolo, veniva intrapreso dai giovani appartenenti ai ceti sociali europei più abbienti. Questa pratica è di certo molto conosciuta e di gran moda anche presso i primitivi italiani e i preraffaelliti inglesi. Evocando Firenze tramite le fattezze di una giovane donna il cui sorriso ricorda molto la Gioconda, con una nota più languida, Lévy-Dhurmer si colloca dunque, a pieno titolo, in questo clima di estetismo di fine secolo che ben si adatta alla sua arte colta e raffinata.
Al di là di tutti questi riferimenti, tuttavia, si cela anche un ritratto: senza dubbio quello di Thérèse Vitali (1866-1940) che, nel 1888, in virtù delle nozze con Raymond de Beauchamp, assume il titolo di contessa. Facendo di questa donna un' incarnazione di Firenze, Lévy-Dhurmer evoca certamente le sue origini italiane e, forse, il suo attaccamento alla casa che il padre aveva da poco acquistato a Cannes, ovvero villa Fiorentina.
La corona di alloro che cinge il capo della donna riveste un duplice significato. L'éternità e il lutto per prima cosa: nel maggio del 1897, Thérèse era scampata allo spaventoso incendio del Bazar de la Charité nel quale trovarono la morte molti componenti della sua famiglia. I cipressi sullo sfondo ricordano, appunto, la presenza minacciosa della morte. La corona di alloro, inoltre, che è altresì un attributo di Apollo, allude al ruolo di mecenate esercitato dalla nobildonna. Alla stregua dei Medici, Thérèse de Beauchamp ha la passione per le opere edificate: la contessa si distinguerà finanziando, per tutta la vita, la costruzione di in gran numero di edifici. Lévy-Dhurmer realizza in questo caso un vero e proprio ritratto allegorico che va bel oltre la semplice rappresentazione delle fattezze della modella.