Olympia


Con Olympia, Manet reinventa il tema tradizionale del nudo femminile per mezzo di una pittura schietta e scevra da compromessi. Il soggetto così come il linguaggio pittorico spiegano lo scandalo che l'opera suscitò al Salon del 1865. Benché Manet accresca il numero dei riferimenti formali ed iconografici: la Venere di Urbino di Tiziano, la Maja desnuda di Goya e il tema, trattato soprattutto da Ingres, dall'odalisca alla schiava nera, l'artista traduce prima di tutto dal punto di vista pittorico la freddezza ed il prosaicismo di un soggetto molto contemporaneo.
La Venere è diventata una prostituta che, con il suo sguardo, sfida lo spettatore. Di fronte a questa rimessa in causa del nudo idealizzato, fondamento della tradizione accademica, la violenza delle reazioni fu notevole. I critici vilipesero "questa odalisca dal ventre giallo" la cui modernità fu tuttavia difesa da alcuni contemporanei capitanati da Zola.